Farmaci in cerca di malattia

(Febbraio 2006)

Esercito la professione di medico in un paesino dove ancora esistono dei valori umani e delle tradizioni che permettono alla maggior parte dei cittadini anziani o malati, di trascorrere una vita abbastanza serena. Le famiglie sono molto unite al loro interno e in caso d’infermità le persone possono contare sull’assistenza dei propri familiari. Gli anziani, poi, sono accuditi dai parenti e quanto mi capita di andare a visitarli a domicilio, la prima cosa che mi colpisce, è il rispetto e l’affetto manifestato nei loro confronti da tutti i componenti della famiglia, in particolare dai più piccoli d’età. E’ un fatto questo, che infonde serenità a chi ha bisogno d’assistenza e aiuta loro ad affrontare anche le malattie più gravi con una voglia di vivere eccezionale. Nello stesso tempo avvezza i bambini alla necessità dell’aiuto reciproco tra generazioni e a non considerare gli anziani come qualcosa da mettere da parte perché danno fastidio e creano imbarazzo.

Quando invece, come nelle grandi città, la vita diventa più stressante, si allentano i contatti umani e gli stessi familiari e gli amici si disinteressano delle persone a loro care. L’ambulatorio del medico diventa, allora, spesso un luogo di frequentazione per chi, in cerca d’attenzione, è contento, quando gli viene diagnosticata una malattia da riferire ai propri familiari per mendicare un po’ d’attenzione. La solitudine crea in molte persone un senso di paura, d’insoddisfazione e d’inutilità, che spesso le spinge alla richiesta ed all’utilizzo eccessivo di farmaci, ricoveri, indagini cliniche. In questo clima è facile avvantaggiarsi per i meno coscienziosi che, sulle malattie vere o presunte, fondano i loro guadagni. In alcuni casi viene addirittura spontaneo chiedersi se nasce prima la malattia, o i farmaci per curarla.

Prendiamo ad esempio la stitichezza che è fonte d’apprensione per molte persone. Questo sintomo viene considerato una malattia, quando non si va di corpo spontaneamente almeno tre volte la settimana da oltre sei mesi. Tale definizione è conseguita alla decisione di un gruppo di studio che si riunisce periodicamente per stabilire i parametri che i medici devono applicare riguardo ad alcuni sintomi per poterli considerare causa di malattia. La diffusione di questi dati attraverso i mass-media, senza il filtro del proprio medico, potrebbe in alcuni casi influenzare i pazienti convincendoli di essere malati. Invece potrebbero avere solamente un sintomo passeggero, dovuto a situazioni particolari, che potrebbe risolversi spontaneamente senza l’utilizzo di alcun farmaco.

In pratica si cerca di “vendere” una malattia attraverso i mezzi di comunicazione non specializzati che riportano le opinioni di personaggi molto conosciuti, i cosiddetti opinion leader, capaci di convincere un vasto pubblico. Si giunge così a considerare problema medico un inconveniente ordinario come la calvizie. Piccoli disturbi intestinali diventano gravi malattie. Rarefazioni del tessuto ossee si catalogano subito come osteoporosi. Difficoltà occasionali di erezione, diventano una malattia frequente e diffusa. Si giunge così al paradosso, in pratica, di sollecitare i cittadini a rivolgersi al medico per ottenere quei farmaci in cerca di malattie in cui essere impiegati.

Solo un attento impegno nell’aggiornamento da parte dei medici e la fiducia da parte dei pazienti può contrastare questo fenomeno. “…molte case farmaceutiche hanno finanziato sin dalla fine degli anni ottanta i gruppi di specialisti…come pure associazioni di pazienti che si sono andati costituendo per finanziare azioni di lobby…sin dal 2002 sul British Medical Journal erano comparse rivelazioni…sulle strategie utilizzate dai produttori per inculcare nella mente dei medici e dei pazienti la sindrome…”(da “Bollettino d’informazione sui farmaci” n° 03; 2005).

Siamo passati da una civiltà quale quella contadina, basata sull’attività fisica ed un’alimentazione limitata al fabbisogno giornaliero, ad una cultura industriale che invoglia ad una vita più sedentaria e ad un’alimentazione sollecitata dalla pubblicità più che da un’effettiva necessità fisica. Ciò ha prodotto degli eccessi di alimenti in giro per il nostro organismo che, se non vengono smaltiti possono provocare gravi malattie. Consigliare un sano stile di vita, quindi, può essere utile a tutti.

E’ irragionevole invece consigliare farmaci e cure, senza visitare i pazienti, attraverso giornali e televisione; anche se a farlo sono i personaggi più famosi che fanno opinione tra i tele-dipendenti.

Spesso siamo in presenza di spot mascherati da dibattiti ed interviste costruite ad arte per stimolare la curiosità e l’ansia dei telespettatori. “….I sociologi e gli antropologi sono arrivati negli ultimi decenni a dimostrare che i concetti di malattia e le relative definizioni sono costrutti sociali, e come tali storicamente ed etnicamente variabili; si assiste però oggi al fenomeno inedito della costruzione industriale della malattia, in genere su scala globale e con finalità commerciali...”(da “Bollettino d’informazione sui farmaci” n° 03; 2005).

Certamente non bisogna credere che dietro ad ogni cura ed ogni farmaco c’e un imbroglio. Per fortuna in massima parte la ricerca ha prodotto novità che hanno aiutato l’umanità a combattere mali ritenuti incurabili. A volte però può capitare che dalle potenti multinazionali, con la loro capacità di influenzare l’informazione, venga proposto l’utilizzo di sostanze che magari non sono dannose e tuttavia non hanno alcuna funzione curativa se non quella di curare gli interessi finanziari di chi la propone.

Dott. Regolo RICCI