Considerazioni sull’omeopatia

(Novembre 2007)

 

All’inizio della sua storia, l’uomo si è trovato ad affrontare il mondo che lo ospitava, avendo più o meno le stesse possibilità di sopravvivenza degli altri abitanti della Terra con i quali divideva il territorio. L’istinto di sopravvivenza è sempre stata una caratteristica di tutti gli esseri viventi ma l’uomo aveva in più la capacità di pensare. Dote questa che, durante la sua evoluzione, lo ha messo in condizione di ricercare soluzioni sempre più sofisticate ai problemi che la natura via via gli prospettava. A cominciare dalla scoperta del fuoco e delle sue  possibilità di impiego, ha intrapreso una serie di osservazioni e scoperte che lo hanno portato a sopravanzare tutte le altre specie viventi. Anche quelle che, apparentemente, vuoi per le dimensione, per la forza o l’agilità sembravano essere più avvantaggiate. Le scoperte in biologia, chimica fisica sono state sempre più numerose e utili per vivere meglio. Gli uomini primitivi in caso di malattia o di traumi dovevano affidarsi alla loro costituzione fisica ed alla capacità innata del proprio organismo per guarire. In genere sopravvivevano solo i più forti. Poi cominciò l’impiego di sostanze, fornite direttamente dalla natura quali erbe, fiori e secrezioni animali che permisero all’umanità di affiancare alle normali difese immunitarie, rimedi con caratteristiche medicamentose. I primi farmaci furono prodotti naturali che però non erano facilmente conservabili. Inoltre presentavano scarsa maneggevolezza in quanto, a differenza dei farmaci moderni, il loro effetto era difficilmente riproducibile sperimentalmente per cui le dosi erano comprese in parametri molto variabili. La loro produzione, inoltre, era troppo legata ai fenomeni atmosferici ed era difficile conservarli  per troppo tempo per cui in certi periodi potevano scarseggiare. Le nuove tecnologie hanno permesso, dapprima di estrarre dalle piante solo le sostanze utili per cure particolari, in seguito si è trovato il modo di produrre chimicamente i farmaci. Attualmente molte medicine vengono prodotte geneticamente. Questo percorso si è verificato per il problema che la ricerca scientifica si è sempre posto: avere in caso di necessità farmaci utili per curare la malattia senza provocare effetti collaterali dannosi. E’ questa una cosa che difficilmente potrà accadere, perché il nostro organismo è impostato in modo da considerare estranee tutte le sostanze che non produce direttamente in modo da poter reagire con le sue difese che costituiscono il sistema immunitario. Quindi qualche effetto collaterale va messo sempre in bilancio se si vuole curare una malattia. Alla ricerca di metodiche che sopperissero a questo problema, si sono percorse, di pari passo, altre strade rispetto alla medicina “ufficiale”. Sono nate così le cosiddette medicine alternative. Tra queste si caratterizza l’omeopatia (dal greco "hòmoios", simile, e "pàthos", sofferenza) che è una metodica basata su principi formulati dal medico tedesco Samuel Hahnemann verso la fine del XVIII secolo. Alla base dell'omeopatia è il cosiddetto principio di similitudine del farmaco (similia similibus curentur) enunciato dallo stesso Hahnemann. Secondo questa teoria il rimedio appropriato per una determinata malattia è dato da quella sostanza che, in una persona sana, induce sintomi simili a quelli osservati nel malato da curare. Questa sostanza, detta anche principio omeopatico, una volta individuata, viene somministrata al malato in una quantità fortemente diluita, definita dagli omeopati potenza. L'opinione degli omeopati è che diluizioni maggiori della stessa sostanza non provochino una riduzione dell'effetto farmacologico bensì un suo potenziamento. Attualmente l'omeopatia (considerata una pratica medica alternativa o complementare alla medicina tradizionale) è diffusa in molti paesi (Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Germania, India). In Italia un'indagine dell'ISTAT del dicembre 1999 su un campione di 30.000 famiglie ha mostrato che dal 1991 al 1999 la quota della popolazione che ha fatto uso di rimedi omeopatici è passata dal 2,5 all'8,2%. Questo sistema di cura rientra senz’altro nel desiderio comune che è quello di curare le malattie con farmaci che non diano gravi effetti collaterali. Studi che hanno provato a quantificare il grado di soddisfazione soggettiva dei pazienti in cura omeopatica hanno mostrato risultati ragguardevoli (ad esempio una ricerca compiuta nel 2004 dalla clinica universitaria Charité di Berlino sulla qualità della vita di 3981 pazienti in cura omeopatica) e spiegano il successo sociale di tale pratica terapeutica. Tuttavia, la validità terapeutica del metodo omeopatico e i meccanismi farmacologici del suo funzionamento non sono stati ancora verificati secondo i criteri scientifici comunemente applicati a qualsiasi principio farmacologico immesso in commercio. Allo stato attuale, pochissimi studi scientifici, pubblicati su riviste di valore riconosciuto hanno potuto dimostrare chiaramente la validità terapeutica dell'omeopatia. Molti ricercatori sostengono, però, che gli unici risultati statisticamente significativi, sono confrontabili con quelli derivanti dall'effetto placebo, indotto anche dalla particolare attenzione che l'omeopata presta al paziente e alla sua esperienza soggettiva della malattia. Con il termine placebo, si definisce una sostanza che non contiene farmaco e che in genere viene somministrata per eseguire test di confronto quando si vogliono verificare gli effetti di un nuovo farmaco. In medicina, l’effetto placebo viene sfruttato anche per curare quei pazienti così detti malati immaginari, che non necessitano di terapie ma che comunque senza l’utilizzo di un farmaco si sentono male. Tra le critiche che si fanno all’omeopatia, c’è l'incompatibilità dei suoi principi con le odierne conoscenze chimiche e la mancanza di un meccanismo accettabile che ne possa spiegare il funzionamento. Non ci sono, inoltre prove sperimentali chiare della sua efficacia terapeutica. In Francia e Germania, si sta comunque assistendo ad una lenta ma graduale diffusione della omeopatia in ambiti di medicina tradizionali. Ciò avviene soprattutto per quanto riguarda la medicina di base e la pediatria, dove ci sono medici di formazione prettamente classica che ricorrono, in casi ristretti, all'impiego di principi omeopatici o di principi misti, nel quale appunto una sostanza tradizionale ed una omeopatica vengono somministrate contemporaneamente. In questi stessi paesi, nonostante la validità del metodo non sia stata ancora verificata, molti rimedi omeopatici sono entrati a far parte del prontuario nazionale e finanziati dal sistema sanitario pubblico. È opportuno sottolineare che nei paesi occidentali non è stato immesso in commercio alcun farmaco omeopatico a diluizione inferiore a 1:1000 in quanto molti non hanno superato la prova di assenza di tossicità prevista dalla legislazione. Uno studio pubblicato su una prestigiosa rivista scientifica, Lancet, ha cononcluso che il vero effetto dell’omeopatia e quello placebo. Questo studio è stato rigettato dalla comunità omeopatica, e ha provocato la risposta da parte degli omeopati che hanno sollevato dubbi sull'imparzialità dei ricercatori. In particolare gli omeopati hanno contestato la procedura, sostenendo che la scelta dei lavori da confrontare, potrebbe essere stata fatta ad arte per ottenere questo risultato. Inoltre, la conclusione degli studi può essere legittimamente interpretata, sempre secondo gli omeopati, come la dimostrazione dell'incertezza dell'efficacia dei rimedi piuttosto che la dimostrazione della loro inefficacia. Secondo questa interpretazione il risultato dovrebbe portare ad intensificare gli studi per avere risposte più chiare sull'eventuale efficacia dell'omeopatia. La risposta a tale affermazione da parte di larga parte della comunità medico scientifica è stata che nessun'altra pratica della medicina verrebbe ancora studiata dopo risultati analoghi (ovvero poche o nessuna evidenza scientifica dopo due secoli di esperimenti, dei quali almeno 50 con metodi moderni) e che quindi, per quanto sia caratteristica delle verità scientifiche essere non definitive, sarebbe uno spreco finanziare con fondi pubblici altre ricerche in questo campo. Quella che sembra una disputa per difendere gli interessi che si rappresentano è in effetti un confronto utile ai cittadini. Gli stessi sostenitori dell’omeopatia hanno tutto l’interesse che si giunga a conclusioni univoche in modo da evitare che una metodologia potenzialmente utile non venga sottovalutata e gestita da ciarlatani pronti a sfruttare i momenti di stallo delle normative ed inserirsi senza alcun titolo nella cura dei pazienti. La cosa importante è che, per interessi partigiani, non si sprechino le opportunità che potrebbero favorire il benessere dei cittadini. La comunità scientifica in ogni caso, è d'accordo nell’affermare che tutte le sostanze introdotte a scopo curativo, compreso erbe e farmaci omeopatici, possono dare effetti collaterali. E’ per questo motivo che la laurea in medicina è obbligatoria per la prescrizione di farmaci e terapie, come è confermato dalla sentenza n. 34200 del 06.09.07, della Corte di Cassazione, con la quale i giudici di VI sezione penale affermano che la prescrizione di cure omeopatiche, massaggi terapeutici, agopuntura, ipnosi curativa, fitoterapia ed idrologia, può essere effettuata solo da chi ha prestato il giuramento di Ippocrate (è in possesso, cioè, della laurea in medicina e della relativa abilitazione all’esercizio professionale).

Dott. Regolo RICCI