Quando i medici erano
“don”
(Ottobre 2005)
Parlare di cambiamenti delle abitudini, del modo di vivere e di rapporti umani potrebbe sembrare inadatto per un rubrica che si occupa di problemi sanitari. Sono dell’opinione però che per capire ciò che sta succedendo nel mondo della sanità, il disagio degli utenti e dei medici, i fenomeni di malasanità, bisogna rifarsi ai mutamenti delle abitudini di vita che hanno inciso profondamente nei rapporti umani. La prima cosa che mi viene in mente è il cambiamento avvenuto nel rapporto tra medico e paziente. I meno giovani, come me, ricorderanno come negli anni 50, nei confronti del medico c’era una sorta di venerazione. Anche per chiamarlo non si usava il termine dottore, ma si faceva precedere il nome del dottore dal don. I don Alberto, don Camillo, don Floriano, don Gino hanno fatto la storia della medicina di famiglia a Boiano.
Il don era una forma di rispetto verso un professionista che all’epoca era l’unico referente per i problemi di salute. In quel periodo, anche se qualcuno ancora faceva riferimento alla medicina popolare e alle pratiche tradizionali, come per esempio l’applicazione delle sanguette, per curare l’ipertensione, alla fine ricorreva sempre al consiglio del proprio medico di fiducia.
Certo, non bastava il don a fare un buon medico e, come avviene in tutte le professioni, quando qualcuno si fregia di un titolo immeritato, ci sarà stato forse qualche don di troppo. Qualche medico, invece, anche senza il don, ha acquisito il rispetto e la considerazione dei propri pazienti per la sua disponibilità e professionalità. Penso ad uno in particolare che forse a causa del suo nome, già troppo impegnativo perchè ricorda più un papa che un medico, è stato sempre identificato con un vezzeggiativo dai propri pazienti e così abbiamo avuto Sistino (a volte Sestino per qualche paese limitrofo) e non don Sisto.
Con il passare del tempo i rapporti tra le persone e anche tra medico e paziente sono cambiati. Il rispetto e la solidarietà sono venuti meno. La tecnologia ci ha messo a disposizione le sue scoperte e ci ha illuso di poter fare a meno degli esperti. Molti pensano che basta consultare una buona enciclopedia, ascoltare una rubrica televisiva, leggere qualche rotocalco o collegarsi ad internet per sostituire un professionista. Per molte persone, il medico, l’avvocato, il meccanico, il commercialista, servono solo confermare quello che ognuno ha già deciso con le sue supposte conoscenze ed all’operatore non resta che sbrigare la pratica.
Oggi molte persone scambiano l’ambulatorio del medico per un esercizio commerciale dove si ordinano i prodotti da portare via: dottò me aveta cupià chesta ricetta de lu specialista e me raccumande, cupiatela bona! dottò scriveteme due analisi e me raccumande mettetecele tutte quande, dottò me vulesse nu poco ricoverà e siccome muirema remane sola forse e meie ca facete nu ricovero pure pe essa ecc..
Più o meno sino agli anni 70, quando si consultava un medico, la prima cosa che i pazienti riferivano erano i sintomi, toccava al medico diagnosticare la malattie e trovare le soluzioni per curarla. Mi ricordo, quando dopo un lunga giornata di attesa, verso sera, arrivava il medico. In casa s’interrompeva qualsiasi attività, anche se si era a cena, e si rimaneva tutti in attesa del risultato della visita. I nonni badavano che i più piccoli non facessero chiasso per non disturbare il medico che eseguiva con arte la visita al letto del malato accompagnato dal capo di casa. Qualche altro familiare era intendo a preparare il caffé o un bicchieruccio di quello buono da sorseggiare con il medico, dopo la visita, mentre questi illustrava il risultato della sua indagine e nel frattempo sbirciava sulla tavola per adocchiare qualche bocconcino da gustare come antipasto in attesa di tornare a casa dopo il suo giro di visite. Il medico lasciava la casa dei pazienti quasi con dispiacere vista l’accoglienza che gli era riservata.
Oggi le cose sono un po’ cambiate e dal proprio medico non si va per descrivere i propri sintomi e farsi visitare, ma per richiedere prescrizioni per le malattie diagnosticate con il fai da te. Le visite a domicilio, poi, si svolgono in modo informale. A volte capita persino di non trovare in casa il malato, per il quale si viene chiamati:”si è dovuto allontanare un attimo- spiega un familiare distratto- ma torna subito. I vari componenti della famiglia, poi, non amano essere interrotti ed hanno fretta di tornare alla loro occupazione preferita che è quella di guardare la televisione, di smanettare col computer o dilettarsi con il cellulare ultimo modello. Il medico si sente poco più che un intruso ed ha fretta di andare via, quasi a togliere il disturbo. Il rapporto tra medico e paziente è diventato più superficiale, anonimo.
Come questo sia successo è difficile stabilirlo, ma probabilmente è dovuto proprio al cambiamento avvenuto nel modo di vivere dei cittadini. I cittadini, sempre più esigenti, consumano la medicina come qualsiasi altro prodotto in commercio; vogliono tutto e subito anche a scapito della qualità. I medici sommersi dai carichi burocratici cui sono sottoposti, per giustificare il loro operato ai solerti funzionari della ASL, hanno sempre meno tempo da dedicare ai propri pazienti. Si creano così i presupposti per il verificarsi di quei fenomeni definiti di malasanità.
La società tecnologica ha contribuito all’isolamento ed all’allentamento dei rapporti interpersonali. Molti sono convinti che basta premere un pulsante per avere il mondo a disposizione. L’uomo però non è una macchina ha bisogno di dialogare, confrontarsi con i suoi simili. Tra la popolazione aumentano le ansie e le paure che lo rendono indifeso di fronte ai problemi della vita reale e si sente sempre più insoddisfatto alla rincorsa del mito del super-maschio o super-femmina imposto dai messaggi pubblicitari. Molte malattie non dipendono da alterazioni fisiche ma sono dovute alle eccessive sollecitazioni cui veniamo sottoposti per stare al passo con i modelli imposti dalla TV. Recuperare le vecchie abitudini è forse impossibile anche perché, forse, noi stessi le abbiamo trascurate e non siamo riuscite a trasmetterle ai nostri figli. Tuttavia, qualche sforzo per recuperare i rapporti di fiducia e di amicizia con i nostri simili possiamo farlo. Il progresso, con le sue innovazioni ci doveva fare stare più comodi, darci più tempo libero da dedicare alla famiglia, agli amici, agli svaghi. Siamo invece costretti a carichi di lavoro onerosi per poterci pagare l’organizzazione del tempo libero ed i nuovi strumenti tecnologici che ci stanno legando sempre di più al nostro divano preferito. Rinunciamo così alle attività all’aria aperta, e agli incontri con gli amici per fare quattro chiacchiere rilassanti che avrebbero un effetto salutare sul nostro organismo certamente paragonabili, se non superiori, a quelle cure massacranti a cui molti si sottopongono per sentirsi in forma.
Spesso la malasanità è conseguenza di imperizia, e va indagata per individuare i colpevoli che eventualmente dovranno essere puniti. Altre volte è dovuta alla casualità che purtroppo esiste anche in medicina. Di frequente è dovuta alla demotivazione dei professionisti in conseguenza di un’alterata impostazione dell’approccio medico-paziente. Cercare di recuperare i rapporti umani e tra questi il rapporto di fiducia medico-paziente può contribuire a migliorare la qualità di vita ed accettare, senza subirle, alcune forme di limitazioni fisiche che a volte fanno parte del corso naturale della vita e non vanno vissute come una malattia.
Dott. Regolo RICCI