I filomarino-della torre, duchi di Bojano

 

Il Palazzo Ducale di Bojano presenta oggi una veste ottocentesca ma risale almeno al XVI-XVII secolo. Recenti lavori di restauro hanno, infatti, permesso di scoprire sotto gli intonaci alcuni elementi delle precedenti fasi edilizie, tra i quali: cornici marcapiano che suddividevano orizzontalmente la facciata; un loggiato di archi a tutto sesto che occupava la parte centrale e che collegava due corpi di fabbrica originariamente distinti; archi ogivali al pianterreno nascosti dalle attuali aperture che vi si sono sovrapposte.

- Palazzo Ducale di Bojano -

In una cartolina d’epoca (con timbro postale del 1935) appare protetto da un alto muro di cinta, poi abbattuto e sostituito con un muretto basso di mattoni a cui si sovrappone un’inferriata; tale inaccettabile intervento ha, purtroppo, annullato un aspetto caratteristico del palazzo, che sembra ora meno imponente, e snaturato il suo rapporto con l’ambiente urbano circostante.

- Il Palazzo Ducale in una cartolina d’epoca (collezione Giovanni Lopa) -

Non è da escludere che il vasto complesso (sul lato sud giunge fino a salita Piaggia) un tempo fosse occupato dal castello citato in un documento del 1531 (conservato in Spagna, all’Archivo General di Simancas, in provincia di Valladolid).

Esso fu in possesso di diverse nobili famiglie titolari del feudo, tra le quali Pandone, Carafa, Cimaglia, Di Costanzo.

- Stemma della famiglia Di Costanzo (Palazzo in via Toledo a Napoli) -

In seguito al matrimonio di Maria Di Costanzo, unica erede dei beni paterni, con il duca Ascanio Filomarino-della Torre, avvenuto nel 1712, la città passò a quest’ultimo casato che la detenne, con vaste estensioni di terreno, sino al 1863.

Si tratta di una delle più antiche famiglie nobili di Napoli - le origini risalgono alla fine del X secolo - i cui esponenti ricoprirono cariche prestigiose in campo civile, militare ed ecclesiastico, ebbero il possesso di numerosi feudi, furono insigniti di varie onorificenze e titoli.

Successore di Ascanio per il feudo di Bojano fu il figlio Pasquale che sposò Maria Maddalena Rospigliosi, appartenente al patriziato romano, dalla quale ebbe due eredi maschi: Ascanio (nato nel 1751) e Clemente (nato nel 1755), entrambi uccisi brutalmente durante l’anarchia che precedette la rivoluzione napoletana del 1799.

Al principio di quell’anno Napoleone ordinò al generale Championnet di prendere Napoli; il 21 dicembre 1798 Ferdinando IV di Borbone, sua moglie Carolina (sorella della decapitata Maria Antonietta di Francia), e la corte si erano rifugiati in Sicilia lasciando la città nelle mani dei lazzari, cioè della plebe realista, organizzata militarmente e guidata - ma sarebbe meglio dire manovrata - dai birri e dai preti.

In quei frangenti il duca Ascanio, mentre un parrucchiere, tal Giuseppe Maimone, lo pettinava, ricevette una lettera proveniente da Roma nella quale un parente gli raccomandava un ufficiale francese; il messaggio fu letto anche dal Maimone che stava, in piedi, alle sue spalle. Quest’ultimo avvisò i lazzari che il Filomarino intratteneva corrispondenza con i Francesi e il 18 gennaio una grande moltitudine di popolo, in nome del re Ferdinando, assaltò e saccheggiò il palazzo del duca, sito in largo San Giovanni Maggiore, accanto alla cappella Pappacoda. Ascanio e il fratello Clemente - già arrestato nel 1795 con l’accusa di essere un giacobino e rimesso in libertà l’anno successivo - furono incatenati e condotti nella Strada della Marina, dove, innanzi alla Chiesa di Santa Maria in Porto Salvo, li aspettava la morte per fucilazione; le loro spoglie vennero bruciate entro botti con catrame.

Il duca della Torre, Gentiluomo di Camera di Ferdinando IV, era molto stimato sia dalla sua classe che dagli strati popolari e la sua tragica morte destò sconcerto e scalpore; corse anche voce che Francesco Pignatelli, principe di Stromboli, nominato dal re fuggitivo Vicario Generale non avesse fatto nulla per salvarlo perché il Filomarino veniva da tutti i rivoluzionari indicato quale futuro presidente dell’Assemblea Nazionale.

- Stemma della famiglia Filomarino (Palazzo in via Benedetto Croce a Napoli) -

Il palazzo in largo San Giovanni Maggiore (un’altra, più imponente, dimora che porta ancora il nome del casato si trova in via Benedetto Croce), ove egli abitava con la propria famiglia, era noto luogo di convegni culturali e di disquisizioni scientifiche per i dotti napoletani e per quelli forestieri residenti o di passaggio; ospitava, oltre a molte opere d’arte, una vasta biblioteca (fondata nel Seicento da un suo omonimo antenato cardinale) e un gabinetto di chimica, fisica e meccanica che custodiva molte “macchine”, tra le quali una ideata dallo stesso Ascanio per rilevare i movimenti tellurici, e una vasta collezione di minerali e di stampe relative ai vulcani, in particolare al Vesuvio.

Difatti il duca era un abile costruttore di orologi e un brillante sperimentatore che si interessava di “elettricismo”: produceva scariche elettriche mediante enormi condensatori, costruiva ellettrometri sul modello della bilancia di torsione di Coulomb. In occasione dell’eruzione vesuviana del 1794 si recò sulle pendici del vulcano annotando con sistematicità tutti i fenomeni relativi.

Nel corso della razzia dei lazzari gran parte di questo immenso patrimonio andò distrutto o disperso, anche l’originale sismografo a pendolo verticale che forniva l’indicazione precisa del tempo in cui si determinasse un qualsiasi movimento tellurico, nonché la direzione, la durata e l’entità.

La consorte di Ascanio, Marianna, unica erede dei duchi di Cutrofiano, gli aveva dato ben nove figli; rimasta vedova contrasse nuove nozze con il conte di Fitou, Pietro d’Aragon, oriundo francese ed ufficiale nella Marina napoletana (venne, tuttavia, concordato che la prole nascitura dovesse prendere il cognome Cutrofiano).

Nelle memorie che il figlio primogenito Nicola scrisse di proprio pugno tra il 20 e 21 gennaio 1826 a Subiaco (Nicola Filomarino, L’uccisione di Ascanio e Clemente Filomarino, in “Archivio Storico per le Province Napoletane”, anno XXV), si parla, oltre che della tragica morte del padre e dello zio, di tutta la numerosa famiglia: la madre Marianna, la nonna materna Maddalena Rospigliosi, moglie del defunto nonno Pasquale, il piccolo fratello Andrea e la sorellina Checchina (Francesca), i fratelli Pasquale e Giuseppe convittori, Maddalena, Lucrezia, Maria e Teresa, educande nel Monastero di Regina Coeli; egli dichiara di aver compiuto i suoi studi nel Collegio Nazareno di Roma e di essere rimasto lì fino all’età di vent’anni.

- Notizie ed osservazioni sul terremoto del 1805 redatte da Nicola Filomarino, duca della Torre (riproduzione del manoscritto) -

Un archivio privato di Bojano conserva un altro interessante manoscritto redatto da Nicola Filomarino, particolarmente dedito, come il padre Ascanio, agli studi scientifici. Esso riporta, in maniera sistematica, tutte le osservazioni sui fenomeni rilevati a Bojano prima, durante e dopo il terremoto del 26 luglio 1805: nell’atmosfera (caldo straordinario, vento cupo e fragoroso), nelle acque (intorbidimento, mineralizzazione, nuove sorgenti), sul suolo (apertura di crepe, sassi caduti dalla montagna). L’ultima parte riguarda le congetture e le ipotesi scientifiche che possono produrre scuotimenti della superficie terrestre. In particolare, per quanto riguarda le costruzioni della città, il duca afferma che i danni sono maggiori nelle fabbriche situate in pianura dove il terreno sottostante è «tutto ripieno», minori in quelle situate sopra roccia solida (ai piedi della montagna), minime in quelle costruite su rocce dove al di sotto vi erano spazi vuoti.

Cicerone sosteneva che la storia è maestra di vita e che chiunque non ha conoscenza del proprio passato non avrà nessun futuro davanti a sé; solo conoscendo la vita e le azioni di chi ci ha preceduto, si può arrivare a comprendere il luogo e il momento in cui viviamo.

- Stemma della famiglia Di Costanzo (Palazzo Ducale di Bojano) -

A Bojano dopo circa un secolo e mezzo, tuttavia, è caduta nell’oblio - eccezion fatta per i pochi cultori di storia locale - la presenza della famiglia Filomarino. Non c’è una strada (esiste invece salita Pandone) né un’istituzione culturale né la denominazione di un palazzo che la ricordi; persino la loro dimora (modesta se confrontata con gli immensi e meravigliosi palazzi di Napoli) - che presenta ancora, sull’ingresso principale, uno stemma in pietra del casato Di Costanzo - viene comunemente chiamata dai bojanesi Palazzo di Don Giocondo, dal nome di uno degli ultimi proprietari (Giocondo Perrella). Eppure diversi esponenti della prestigiosa famiglia Filomarino-della Torre, portando il titolo di duca o principe di Bojano, hanno segnato gli eventi del loro tempo, e non solo in Molise!                                   

                                                                                                                                                                                           Alessandro Cimmino


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Articolo pubblicato sul mensile "Il Ponte", a. XXII, n. 6, giugno 2010, pp. 39-40.