(Febbraio 2008)
Nel 1895 Vincenzo Tiberio, un medico molisano
nativo di Sepino, fece un’interessante osservazione. Notò che l’acqua di un
pozzo, situato in una villa da lui frequentata, si poteva impiegare
tranquillamente per uso potabile senza causare problemi alla salute di chi ne
usufruiva. La stessa acqua, però, diventava causa di infezioni intestinali se dal
pozzo veniva rimossa una patina verdastra che ne rivestiva le pareti. Al
contrario, man mano che la patina si riformava, cominciavano a diminuire le
infezioni. Ipotizzò quindi che la sostanza verdastra che rivestiva le pareti
del pozzo potesse avere un effetto protettivo contro le infezioni. Cominciò
così ad effettuare esperimenti in vivo ed in vitro che gli permisero di intuire
l’effetto protettivo delle muffe nei confronti delle infezioni batteriche. Il
risultato dei lavori del dott. Tiberio furono pubblicati nel fascicolo degli
“Annali d’Igiene sperimentale dell’anno 1895” dell’Università di Napoli con il titolo: “Sughi
estratti di alcune muffe. Ricerche del dottor Vincenzo Tiberio”. Questa
importante intuizione non fu presa nella giusta considerazione dalla comunità
scientifica dell’epoca. Probabilmente la ragione è da ricercare nel fatto che
la pubblicazione avvenne in italiano. Se fosse stata tradotta in inglese,
francese o tedesco forse avrebbe avuto maggiore risalto nel resto del mondo e si
sarebbero potute sfruttare molto prima le proprietà curative della muffa Peniccilium(da cui
penicillina). Pertanto, la storia
vera e propria degli antibiotici e delle possibili applicazioni nelle malattie
infettive, si fa coincidere con la scoperta della penicillina, avvenuta nel
1928, da parte di Sir Alexander Fleming che, per questa scoperta nel 1945
ottenne il premio Nobel per la medicina. L'uso di questa muffa ha permesso di
salvare milioni di vite umane ed ha posto le basi per la ricerca che avrebbe reso possibile produrre i primi
antibiotici sintetici come i sulfonamidi tra i quali il noto Salvarsan utilizzato
contro la sifilide. Indipendentemente dai meriti individuali, con la
possibilità di sfruttare l’azione antibiotica della penicillina, l’umanità ha
avuto a disposizione un farmaco salvavita. Purtroppo, però, non è stata presa
in considerazione la raccomandazione dello stesso Fleming che, durante il
ringraziamento per l’assegnazione del Nobel, ammonì la comunità scientifica a
non abusare nell’utilizzo degli antibiotici per evitare lo sviluppo di possibili resistenze, ovvero l’immunità acquisita
dai ceppi batterici nei confronti delle medicine antibiotiche. Per questo è
sempre più difficile curare le comuni malattie infettive. I batteri, infatti,
diventano resistenti grazie a trasformazioni genetiche casuali. Possono
modificare la parete cellulare, per impedire alle molecole di antibiotico di
penetrare nella cellula. Oppure possono produrre sostanze in grado di
distruggere l'antibiotico, servendosi di un trasferimento di geni da altri
batteri, anche di specie diverse, che conferiscono resistenza a numerosi
antibiotici nello stesso tempo. Poiché la maggior parte dei batteri si
moltiplica rapidamente, tale resistenza può diffondersi velocemente. E’ cosi che uno dei maggiori problemi per la ricerca medica
è diventata la necessità di produrre farmaci innovativi per combattere le malattie
infettive. Nei paesi ricchi le resistenze ai farmaci sono in aumento
soprattutto a causa dell'uso eccessivo di antibiotici. Nei paesi poveri,
invece, le resistenze aumentano perché i medicinali vengono utilizzati in maniera
insufficiente e incompleta, inoltre c’è la concreta possibilità dell’ impiego
di farmaci contraffatti o scaduti. Uno dei motivi più comuni dell’uso improprio degli antibiotici, è il banale mal di gola che in
particolare affligge i piccoli in età prescolare e preoccupa i genitori che
sollecitano il medico per ottenere un antibiotico. Questi farmaci vengono
assunti inutilmente nella stragrande maggioranza delle infezioni. Secondo
diversi studi pubblicati , infatti, risulta che la faringite è di origine
batterica solo nel 15-36 per cento dei casi, mentre nel restante 64-75 per
cento le cause del malanno sono alcuni virus delle alte vie respiratorie,
contro i quali è inutile qualsiasi terapia antibiotica. Ai primi sintomi, non è
sempre facile per il medico distinguere tra le malattie batteriche, dove gli
antibiotici hanno una funzione curativa e le malattie virali in cui gli
antibiotici sono inattivi. Ad indurre le resistenze, inoltre, concorre in modo
serio anche la somministrazione di antibiotici nell’ambito dell’agro-zootecnia.
In alcuni paesi oltre il 50 per cento
della produzione totale di composti antimicrobici viene utilizzato per
bestiame, pesci e vegetali in gran parte sotto forma di additivi nei mangimi.
Si utilizza questa tecnica, per promuovere la crescita degli animali e per
prevenire le malattie delle piante. Eppure è stato dimostrato che la
somministrazione di antibiotici determina negli animali la selezione di batteri
resistenti che in seguito si trasmettono all'uomo attraverso la catena
alimentare originando resistenze, fenomeni allergici e gastrointestinali. Proseguendo
su questa strada, secondo quanto concluso da un recente rapporto speciale
dell'OMS sull'argomento, il mondo potrebbe precipitare di nuovo nell'era
pre-antibiotica, quando era normale morire per malattie infettive anche di
scarsa entità. Quando il dott. Vincenzo Tiberio fece la sua illuminante
osservazione, c’era un equilibrio naturale tra la muffa e l’acqua del pozzo che
consentiva agli uomini di curarsi inconsapevolmente. La ricerca, con i
successivi studi di Fleming ed altri ricercatori e con il progredire della
tecnica, ha consentito di sfruttare al massimo le potenzialità delle muffe e di
creare in laboratorio antibiotici nuovi. Come sempre però l’uomo ha scarso
rispetto per gli equilibri naturali e tende a sfruttar in modo esagerato ed
irrazionale tutte le risorse di cui viene a conoscenza. Questo, nel caso degli
antibiotici, ha determinato il ricorso ad un utilizzo indiscriminato di farmaci
nati con enormi potenzialità, ma presto resi meno efficaci dall’uso improprio
che ne è stato fatto e si continua farne. Il consiglio medico che si può dare è
quello di non ritenere gli antibiotici come un farmaco miracoloso ed
indispensabile da utilizzare precocemente in caso di febbre o mal di gola. La cosa più razionale da fare sarebbe, secondo le
indicazioni della comunità scientifica, attendere due o tre giorni, prima di
ricorrere agli antibiotici, utilizzando farmaci sintomatici ed eventuali
antifebbrili quali paracetamolo ed aspirina per tenere la febbre sotto i 38°.
Se poi la febbre diventa incontrollabile ed il paziente appare troppo
sofferente, bisogna consultarsi con il proprio medico che deciderà, caso per
caso, se iniziare una terapia antibiotica mirata. In ogni caso se il medico
prescriverà una terapia a base di antibiotici bisogna attenersi alle dosi
raccomandate ed utilizzarli per il periodo consigliato, altrimenti si rischia
di rendere vana l’azione del farmaco e si facilita la formazione di resistenze
che renderebbero poco efficace o inutile l’antibiotico se si dovesse
riutilizzare per altre infezioni batteriche.
Dott. Regolo RICCI