Il gioco d’azzardo può diventare malattia
(Gennaio 2007)
Una
delle cose che ricordo con nostalgia, della mia infanzia, è il periodo delle
festività natalizie, quando le famiglie si riunivano e molte serate si
passavano in casa giocando e degustando un po’ di torrone, una fetta di
panettone o qualche alice. All’inizio
era la tombola, poi man mano che i più anziani si stancavano, i giovani, formavano
altri tavoli dove si giocava a piattino,
al mercante in fiera, a zecchinetta,
la stoppa. Diventati più grandi, poi, avevamo il permesso dai genitori di fare
le ore piccole per qualche serata
particolare come la vigilia di Natale e la notte di fine anno e ne
approfittavamo per farci qualche pokerino.
Passata l’età dell’adolescenza, quando, in genere al compimento di 18 anni, ci
veniva data la chiave di casa e potevamo fare più tardi, rimaneva sempre il
periodo natalizio, quello dedicato ai giochi considerati d’azzardo. Questo
accadeva, in genere, per la maggior parte dei giovani che, avendo pochi soldi e,
se li usavano per giocare, non li potevano utilizzare per altri svaghi
dell’epoca come andare al cinema la domenica o fare le collette per comprare la
benzina per l’automobile dell’amico più fortunato che poi li avrebbe portati un
po’ a spasso, magari appriesse a le
convittrici.
Erano pochissimi quelli che si lasciavano prendere dal vizio del gioco che in ogni caso non era ben visto dalla società civile e pertanto chi voleva giocare d’azzardo, lo doveva fare in luoghi appartati. C’era, sicuramente qualche adulto che si lasciava trascinare, ma era quasi sempre dopo le festività che venivano commentati i casi di grosse perdite e si contavano le mucche o i maiali che qualcuno aveva dovuto vendere per pagare i debiti di gioco. A volte, si vedeva in giro qualche automobile nuova, frutto del ricavato delle vincite al gioco. Anche allora c’erano i così detti appostatori, i giocatori freddi, calcolatori, che aspettavano il momento opportuno per mettere alle strette l’avversario più emotivo, il pollo di turno da ripulire. Le mogli, che conoscevano le debolezze dei propri mariti, cercavano di porre rimedio seguendoli per metterli in imbarazzo, scoraggiarli e, nel caso chiamare i carabinieri per fare interrompere il gioco ed evitare perdite più gravi che, in alcuni casi, potevano compromettere seriamente il bilancio familiare, Ai nostri giorni, le cose sono cambiate; sono sempre più numerosi gli Stati che rendono legale il gioco d’azzardo. A seguito di ciò sono aumentati i disturbi associati al gioco d’azzardo. Tentare la sorte per far fortuna, è qualcosa che fa parte della cultura umana e da sempre, il gioco d’azzardo, è stato argomento di discussione per le religioni, la politica, il mondo della coltura e della medicina. Il problema è diventato più grande negli ultimi decenni, da, quando cioè, si è sviluppata la tendenza di molte nazioni a considerare il gioco d’azzardo una fonte di entrate per fare fronte alle aumentate necessità della spesa pubblica. Sono aumentati così i giocatori ed i disturbi legati al gioco che interessano l’1-2% degli adulti con la percentuale che raddoppia per le popolazioni residenti in prossimità dei casinò. Qualsiasi gioco che prevede premi in natura o denaro può essere considerato d’azzardo. Bisogna, però considerare il gioco fatto a scopo ricreativo-associativo che coinvolge giocatori che si riuniscono per il piacere di stare insieme e, anche se mettono una posta per rendere più interessante il gioco, non si fanno coinvolgere da comportamenti patologici che presuppongono assunzione di rischi sempre maggiore. Il gioco d’azzardo può essere considerato una malattia cerebrale, quando determina un comportamento che eccede i limiti della normalità. In questo caso si ha aumento della frequenza delle giocate e delle somme messe in gioco, nonostante gli esiti negativi, con una progressione del rischio sempre maggiore. Il giocatore si convince che alla fine dovrà vincere perché si sente troppo abile. Se perde è solo una questione di sfortuna che prima o poi passerà. Nell’attesa, è disposto a mettere in gioco gli affetti ed il patrimonio familiare e non esita a chiedere prestiti a chiunque pur di procurarsi il denaro necessario a soddisfare il suo desiderio di giocare. Il giocatore comincia a programmare la sua vita in funzione del gioco di cui diventa dipendente. La ricerca si sta orientando a considerare il gioco d’azzardo tra le malattie da dipendenza e gli studi tendono a mettere in relazione questo disturbo con il cervello. In effetti, esiste nel nostro cervello una formazione conosciuta come “centro del piacere” che è importantissima per la nostra sopravvivenza. Ha il compito di valutare sensazioni quali il senso della sete, il senso della fame, desiderio ed attrazione sessuale, per intervenire rispettivamente sulla idratazione del nostro organismo, la nutrizione e la procreazione. Il buon funzionamento del centro si basa sulla capacità di valutare correttamente i bisogni dell’organismo e stimolarlo a fare in modo che li soddisfi. Esso, però, può essere influenzato negativamente da sostanze esterne quali alcol, nicotina, cocaina, oppiacei che possono determinare fenomeni di abuso d’abuso dannosi per la sopravvivenza. Sembra che il centro del piacere, insieme con altre zone del cervello, sia implicato nei disturbi da gioco d’azzardo patologico. D’altra parte, una volta che si è intrappolati dal vortice del vizio, si innescano una serie di reazioni a catena che coinvolgono tutta la persona. La malattia da gioco d’azzardo determina una serie di comportamenti dannosi quali l’assunzione di alcol, stupefacenti e nicotina, che servono al giocatore per caricarsi e reggere il ritmo frenetico, compulsivo, che il gioco continuo gli impone. Quasi sempre c’è un calo del benessere economico che influenzerà la vita sociale e finanziaria del giocatore provocando debiti, depressione, perdita del lavoro, dissidi familiari, reclusione e suicidi. Come si può leggere su “Minuti” anno XXX n°10 novembre 2006, tra gli individui colpiti con malattia da gioco d’azzardo, è raddoppiata la possibilità di perdita del lavoro (13,8%) rispetto a non giocatori (5,5%). Le procedure per fallimento di attività economiche sono quattro volte più elevate, 19,2%, contro 4,2%, Anche i divorzi hanno un tasso del 53% rispetto al 18% e, la detenzione in carcere è il 21& rispetto allo 0,4% della popolazione generale. Particolarmente elevato è, poi, il tasso di decessi attribuibile a patologia da gioco d’azzardo per i frequentatori di casinò. La cura per i pazienti affetti da malattia da gioco d’azzardo prevedono trattamenti psicologici da eseguirsi presso centri specialistici ed associazioni di supporto per riportare con varie tappe i malati alla normalità e far superare loro la dipendenza. Ci sono anche categorie di farmaci, in genere quelli usati contro la depressione, gli antagonisti degli oppiacei e gli stabilizzatori dell’umore che sono in fase di studio per facilitare il recupero dei pazienti.
Dott. Regolo RICCI