Servizio sanitario pubblico e privato.

(Maggio 2006)

(II PARTE)

In Italia, come nel resto dell’Europa, i servizi sanitari pubblici hanno dovuto affrontare il problema della razionalizzazione dei costi. A volte, però, si è pensato troppo al risparmio affidandosi al consiglio di economisti, più che al parere degli operatori sanitari. Altre volte le scelte più razionali come la chiusura di ospedali poco utilizzati e l’accentramento delle ASL, sono diventati argomento di campagne politiche per accaparrarsi consensi elettorali, più che di oculato impiego delle risorse. Sono stati istituiti alcuni protocolli terapeutici, eliminate alcune prestazioni, applicati ticket sui farmaci che hanno prodotto poco risparmio e disagio tra i cittadini. Molti utenti, a causa delle limitazioni imposte dai tagli alla spesa sanitaria, cercano di ottenere prestazioni con il ricorso ai pronto soccorsi ed ai ricoveri ospedalieri, intasando servizi nati rispettivamente per le urgenze e per curare persone affette da malattie gravi e non per fare gratuitamente analisi ed indagini varie. In tal modo strutture nate per compiti particolari vengono intasate per svolgere mansioni ordinarie creando gravi disservizi e lievitazione dei costi.

Persone che potrebbero essere assistite tranquillamente a casa, usufruiscono di ricoveri e prestazioni improprie. Può capitare, quindi, che nel momento del bisogno i malati, che hanno effettiva necessità, non trovino un pronta assistenza o un posto per curarsi. 

Nonostante le difficoltà organizzative e le inevitabili critiche, i sistemi sanitari pubblici, con la possibilità di accesso ad un’utenza molto allargata, hanno portato dei considerevoli miglioramento allo stato di salute dei cittadini, e ciò è dimostrato dall’aumento dell’aspettativa di vita e dall’aumento della vita media degli utenti. Questo però è stato possibile perché si sono potuti utilizzare tutte le innovazioni scientifiche che il progresso ci ha messo a disposizione il che ha portato ad un inevitabile lievitamento dei costi. Attualmente i vari stati in cui il sistema pubblico è preponderante, hanno il grande problema di far quadrare i bilanci. Si è visto che i correttivi quali i vari ticket e limitazioni ad alcune prestazioni e farmaci non ritenuti indispensabili per la salute dei cittadini non arrestano l’aumento della spesa. Si sta cercando, pertanto, di coinvolgere gli operatori sanitari affinché tutti collaborino ad un impiego più razionale delle risorse favorendo la cosiddetta medicina dell’evidenza per cui vengono concesse gratuitamente quelle prestazioni la cui efficacia è dimostrata scientificamente da studi effettuati in varie parti del mondo e che involgono un gran numero di cittadini. Purtroppo nella sanità si muovono molti interessi finanziari e gli speculatori hanno gioco facile a inserirsi proponendo, a volte, rimedi inutili, costosi e generatori di ansia tra i malati o supposti tali, i quali sull’onda emotiva di situazioni particolari, fanno pressioni al loro medico per avere prestazioni non sempre necessarie. Gli stessi mezzi di informazione possono essere fonte di preoccupazione tra i cittadini. Troppo spesso si sente parlare di fenomeni di malasanità che, se individuata nel comportamento di alcuni operatori sanitari, va senz’altro punita con pene esemplari. Le notizie che si danno, però andrebbero poi verificate più a fondo e si dovrebbe poi dare notizia anche delle successive indagini che spesso portano all’assoluzione degli operatori troppo spesso usati come capro espiatorio per affossare un sistema che invece è da rivedere e migliorare, per l’effettivo interesse dei cittadini.. Si sta diffondendo la convinzione che il privato funzioni meglio del pubblico mettendo in competizione strutture che invece devono interagire avendo caratteristiche e finalità diverse. Lo stato si è assunto il compito di assicurare un buon servizio per tutti i cittadini. Quando non è in grado di fornire alcuni servizi, giustamente deve rivolgersi all’iniziativa privata che, muovendosi in modo più agile riesce a fornire servizi in tempi più brevi e presumibilmente a costi più bassi. Il privato, a differenza dello stato, deve anche trarre profitto dalle sue prestazioni che vende allo stato a prezzi convenzionati con accordi periodici. Pertanto, potrebbe avere tutto l’interesse a indurre un incremento delle prestazioni. Se il cittadino alla fine ottiene le prestazioni sanitarie utili a risolvere i propri problemi, non ha importanza chi le fornisce. E’ importante, però, che lo stato vigili affinché non vengano sprecate risorse, acquistando prestazioni improprie o creando doppioni di servizi che moltiplicano solo i costi sottraendo risorse al servizio pubblico. A lungo andare infatti il depauperamento delle risorse potrebbe portare all’eliminazione di servizi fondamentali, il SSN potrebbe essere smantellato e allora si tornerebbe ad una situazione in cui ognuno potrà curarsi solo se avrà i soldi per farlo. Verrà fuori il vero servizio privato, non quello attuale convenzionato, ma quello in cui se hai soldi ti curi altrimenti ti arrangi come succede in molte fictions americane di carattere medico: i malati possono curarsi bene solo se sono in grado di pagare le prestazioni o se coperti da assicurazioni costosissime e non aa portata di tutti.  

Sarebbe auspicabile una maggiore informazione sanitaria già a partire dalle scuole primarie per educare, sin da bambini, tutti i cittadini al razionale utilizzo delle strutture pubbliche ed in particolare di quelle sanitarie. Lo stato dovrebbe investire di più sulla medicina scolastica e del territorio cercando di recuperare la fiducia dei cittadini attraverso l’impiego di operatori che dovranno favorire la prevenzione e le cure senza sprecare risorse.

Dott. Regolo RICCI