Il tumore al seno

(Agosto 2006)

(III parte)

In tutte le malattie, prima di iniziare la terapia bisogna fare una diagnosi. Si comincia dai così detti segni clinici che il medico ricerca per mezzo della visita medica e con il colloquio con il paziente. Più è precoce la diagnosi, maggiori sono le possibilità di successo. Alcuni segni devono essere conosciuti dai pazienti per poterli segnalare subito al proprio medico in modo che siano presi subito i provvedimenti necessari. Nel tumore del seno i segni che devono esse presi in considerazione sono:

I segni elencati devono esse riferiti subito al proprio medico che intraprenderà un percorso diagnostico utilizzando le metodiche a disposizione per stabilire la natura maligna o benigna delle alterazioni in atto.

La mammografia permette di evidenziare neoformazioni della mammella in fase precoce, quando il nodulo, di pochi millimetri, non sarebbe ancora palpabile. E’ l’esame ideale per fare prevenzione nelle donne di oltre 40 anni. Va eseguita, preferibilmente, evitando la fase premestruale e periovulatoria che avviene a circa metà del ciclo. Il basso dosaggio di raggi X emessi dai moderni mammografi, non espone le donne ai pericoli delle radiazioni, tuttavia è preferibile evitare l’esame in gravidanza; in particolar modo nel primo trimestre. L’esame si svolge in piedi, poggiando una mammella per volta su un ripiano predisposto ad altezza variabile. L'esame dura pochi minuti. Non è doloroso ma un poco fastidioso perché, durante l’esecuzione l’apparecchio determinerà un leggera pressione sulla mammella. Dopo i 40 anni, tranne casi particolari, si può ripetere l’esame ogni 2 anni, gratuitamente in base ai piani di prevenzione istituiti da Sistema Sanitario Nazionale.

L’ecografia, può essere eseguita ad integrazione della mammografia, per acquisire più dati quando i reperti non sono chiari e si prestano a dubbi interpretativi. In genere l’ecografia si usa come primo esame nella donne al di sotto dei 40 anni quando il seno è più florido e quindi più difficilmente attraversabile dai raggi.

Quando la mammografia o l’ecografia, evidenziano formazioni sospette di esegue:

     

Una volta che si è formulata la diagnosi, si può decidere per diversi tipi di intervento per ottimizzare i risultati. Ci sono diverse soluzioni da programmare ed attuare, in base alla caratteristica del tumore, per aumentare la percentuale di sopravvivenza: chirurgia, chemioterapia, ormonoterapia, radioterapia. L’intervento chirurgico può essere più o meno demolitivo o conservativo in base alla posizione del tumore e dall’estensione del tessuto mammario interessato. Quando si decide di asportare un tumore, oltre al tessuto interessato, si asportano anche tutti i linfonodi ascellari per cercare di bloccare la diffusione(metastasi) agli altri organi. Il linfonodo sentinella, è il primo linfonodo che riceve la linfa direttamente dal tumore. La sua identificazione, oggi possibile con i mezzi diagnostici, ha permesso interventi meno demolitivi. Sarebbe inutile infatti, una volta certi che il linfonodo sentinella è indenne da metastasi, asportare gli altri linfonodi del cavo ascellare. I dati statistici dimostrano un’alta affidabilità di questa osservazione. Infatti c’è una concordanza del 95% tra negatività del linfonodo sentinella e quella di restanti linfonodi. Una volta quindi che si decida per un intervento più conservativo bisogna rimanere vigili ed osservare con scadenze regolari i linfonodi ascellari rimasti nei quali, anche  se solo con minime percentuali, si potrebbe verificare una ripresa della malattia.

La chemioterapia consiste nella somministrazione di farmaci che hanno la capacità di impedire o rallentare la crescita di cellule tumorali. Come effetti collaterali si possono avere: nausea, perdita di capelli diminuzione dei globuli bianchi(leucopenia) oltre a diarrea, stitichezza, cistiti, infiammazione delle gengive, debolezza fisica, dolori muscolari congiuntivite e lacrimazione.

La radioterapia utilizza radiazioni ad alta energia per distruggere le cellule tumorali. In genere si esegue dopo interventi chirurgici conservativi per evitare recidive locali. Gli effetti collaterali che può provocare sono: arrossamento della cute, lieve nausea, stanchezza.

L’ ormonoterapia sfrutta i meccanismi di controllo che alcune sostanze, gli ormoni, esercitano sulle cellule tumorali, tra l’altro, con un’azione più selettiva rispetto alla chemioterapia. Il farmaco più comunemente usato è il tamoxifene. Tra gli effetti collaterali da segnalare c’e un lieve aumento del tumore dell’utero delle donne in post menopausa, rari episodi tromboembolici  e di vaculopatia cerebrale acuta. Si possono verificare, poi, vampate di calore, modifiche dell’umore e aumento dell’incidenza di cataratta. In ogni caso i benefici prevalgono tranquillamente sui rischi.

C’è poi un’altra opzione terapeutica da considerare che è l’ovariectomia. A livello delle ovaie si producono degli ormoni, gli estrogeni, che agiscono favorendo la formazione del tumore del seno. L’ovariectomia, fino a qualche tempo fa’, si realizzava con l’intervento d’asportazione chirurgica. Attualmente è possibile ottenere lo stesso risultato con l’utilizzo di farmaci da soli o in concomitanza con la radioterapia.

Dott. Regolo RICCI