la formella ritrovata?
Tra le prime testimonianze di fede cristiana nel Molise c’è un’epigrafe: la Stele di Probiliano, rinvenuta a Bojano dall’archeologo locale Bonifacio Chiovitti (1810-1881) e catalogata da Theodor Mommsen intorno alla metà dell’Ottocento. Si tratta di una lapide funeraria, risalente secondo l’erudito Enrico Donato Petrella ai tempi dell’ultima persecuzione (303-308), che cita il piccolo Caio Probiliano, vissuto solo nove mesi e dieci giorni, sepolto il quinto giorno prima delle calende di marzo (25 febbraio); la chiara indicazione della data di morte è un carattere distintivo, proprio dei seguaci di Cristo per i quali rappresentava l’inizio della vita eterna.
Possiamo, in base a questo documento, collocare la diocesi di Bovianum fra le più antiche non solo del Sannio ma forse anche d’Italia; del resto si trova menzionato il nome del vescovo Laurentius (Lorenzo) già nei sinodi celebrati in Roma da papa Simmaco negli anni 501 e 502.
La cattedrale è stata perciò, sicuramente, la prima chiesa ad essere costruita in città. Nell’attuale edificio, sul lato sud, si notano alcune grosse pietre squadrate, tra queste, una sembra appartenere ad una antica ara e un’altra al basamento di una statua equestre (presenta un incavo a forma di zoccolo; in alto a sinistra, in prossimità dell’angolo con la facciata principale, è stato inglobato uno splendido frammento di pluteo scolpito - un intreccio di nastri che formano cerchi contenenti fiori stilizzati - databile VIII-IX secolo.
Al di sotto del piano di calpestio, durante i lavori di consolidamento e di restauro effettuati negli anni 1994-95, è stato scoperto un pezzo di muro realizzato con blocchetti di pietra sistemati, ora, a ricorsi orizzontali, ma che forse, in precedenza, facevano parte di una struttura in opus reticulatum.
Tutto ciò pare avvalorare l’ipotesi, formulata da alcuni studiosi, che la prima cattedrale, o chiesa di San Bartolomeo, sia stata innalzata sui resti di un antico fabbricato romano - una basilica o un tempio - e che, dalla fondazione ad oggi, non abbia mai cambiato sito, nonostante i terremoti, le alluvioni, le numerose ricostruzioni.
Sempre lungo la facciata meridionale, oltre alle iscrizioni, agli stemmi vescovili e gentilizi, alquanto interessanti risultano il portale con arco ogivale, il rosone - entrambi murati - e più di ogni altra cosa due formelle del XIII secolo.
Il portale, con arcata a sesto acuto, fonde elementi architettonici puramente gotici con derivazioni scultoree di matrice romanica. La decorazione, estremamente semplice, con palmette tangenti ai lobi che percorrono l’archivolto e gli stipiti, anticipa opere più complesse che caratterizzeranno, poi, lo stile gotico nel Molise, come il duomo di San Pardo a Larino e la chiesa di Sant’Emidio ad Agnone.
Il rosone, pur certamente coevo al portale, rivela una maggiore ricercatezza nelle tre sezioni di incorniciatura: la prima con un tralcio sinuoso da cui pendono fiori e foglie di varia forma, la seconda con eleganti foglie stilizzate, la terza con un tortiglione.
Nel 1456 un terribile terremoto provocò, stando ad alcune fonti, la morte di circa 1200 persone nella città e distrusse, quasi del tutto, la cattedrale; essa venne riedificata integralmente ad opera del vescovo Silvio Pandone, fratello del conte Carlo, al principio del secolo XVI. È opinione comune che gli elementi sopra citati (in particolare quelli relativi al periodo gotico: portale, rosone e formelle) siano stati trasportati nell’attuale sito in quella occasione.
- Formella della cattedrale con leone (secolo XIII) -
Le formelle - purtroppo incomplete - presentano scene di lotte di animali: sulla prima un leone afferra e morde un serpente, con la testa di cane o di gatto (molto rovinata e non facilmente riconoscibile), che gli cinge per intero il corpo; sulla seconda la composizione è più ricercata e densa di figure: nella parte centrale un grifone trattiene con le zampe anteriori due piccoli buoi e con quelle posteriori un uomo, mentre si difende dalle insidie di due serpenti, uno dotato di testa di cane (in alto) e un altro di testa di gatto (in basso).
- Formella della cattedrale con grifone (secolo XIII) -
Il tema è quello del confronto tra i valori nati e propagatisi con il cristianesimo (rappresentati dal leone e dal grifone) e tutto ciò che ad essi si oppone (identificato con i serpenti); l’intento è quello di comunicare al “fedele-spettatore” un senso di sicurezza sotto le ali protettrici della Chiesa.
Si tratta di un repertorio decorativo tipico dell’arte medioevale, un repertorio fantasioso che attingeva, sopratutto, al vasto, polisemo simbolismo proposto dai cosiddetti “bestiari”; questi erano libri pseudoscientifici in cui si descrivevano le caratteristiche - naturali, soprannaturali e comportamentali - di bestie reali o immaginarie mentre si proponevano insegnamenti religiosi e morali secondo le dottrine del tempo.
La prima opera del genere risale al II o III secolo d.C. e fu scritta, in greco, ad Alessandria d’Egitto: il Physiológos (il titolo si riferisce all’anonimo autore, appunto un fisiologo, e vuol significare “studioso del mondo fisico e naturale”). Tradotta in latino nel V secolo - con diverse aggiunte tratte da Plinio, Eliano, Isidoro di Siviglia e con l’inserimento di interpretazioni allegoriche in chiave cristiana - ebbe larga diffusione in tutta Europa e portò alla redazione di numerosi altri trattati originali.
Ad animali - simboli di virtù, vizi e forze occulte - si ispirarono poeti, scrittori, architetti, pittori e scultori specialmente nell’arte romanica e gotica. Leoni, aquile, unicorni, grifoni, fenici, pellicani, draghi, agnelli, buoi appaiono su capitelli, vetrate e facciate di chiese.
Vediamo, in particolare, alcuni significati dei soggetti effigiati (ognuno poteva avere diverse “nature”) nei due bassorilievi che stiamo esaminando.
Il leone veniva assunto ad emblema della resurrezione; si riteneva, infatti, che la leonessa generasse il suo piccolo morto e che dopo tre giorni giungesse il padre e con un ruggito lo destasse. Difatti statue di leoni - alcune provenienti da monumenti antichi -, con funzione stilofora, furono largamente utilizzate nei protiri di molte cattedrali romaniche (Modena, Parma, Piacenza, Verona e anche Termoli ove, purtroppo, sono state trafugate) e nella scultura gotica, in modo particolare da Nicola Pisano (pulpito del battistero di Pisa e pulpito del duomo di Siena) e dal figlio Giovanni (pulpito del duomo di Pisa).
Il grifone, creatura fantastica incrocio tra un’aquila e un leone (ha testa ed ali d’aquila, corpo e zampe di leone), riunisce in un solo essere l'animale dominante sulla terra con quello dominante in cielo; veniva, perciò, usato come simbolo di Gesù Cristo, il quale aveva doppia natura, umana e divina. Da antiche leggende mediorientali, la sua immagine si diffuse come motivo ornamentale nell’arte greca e romana e, poi, in quella gotica (doccioni per scaricare l’acqua piovana dalle grondaie). Ad esempio, nel Molise, il bassorilievo con un grifone caratterizza la fontana del foro a Saepinum (Altilia) e grifoni scolpiti a tutto tondo decorano, insieme a leoni ed altri animali, la strombatura che inquadra il portale del duomo di Larino e le bifore cieche che campeggiano sulla facciata del duomo di Termoli.
Il serpente a cominciare dal Vecchio Testamento fu l’incarnazione tipica del demonio, in assoluto la rappresentazione del male, che cercava di stringere nel suo abbraccio mortale l’uomo (vedi la lunetta nello pseudoprotiro della chiesa di San Giorgio Martire a Petrella Tifernina dove un serpente, avvolto a spirale, si contrappone all’agnello crocifero, simbolo di Gesù Cristo).
Sotto le spoglie di cani e gatti - ambivalenti perché potevano essere buoni o cattivi -, in particolare del gatto, si celavano i più combattuti vizi e peccati medioevali come la lussuria, l’eresia, la sodomia.
I tralci, con foglie e grappoli d’uva, che, in entrambe le raffigurazioni, si inseriscono tra i protagonisti dell’agone alludono, invece, all’eternità, alla salvezza mediante l’eucaristia; stanno a significare che il male non ha scampo, è destinato ad essere sconfitto.
Ma dov’erano collocati, in origine, i pannelli scolpiti di Bojano? Sulla facciata principale della cattedrale, ai lati del portale, oppure, all’interno, dove decoravano un ambone, un pulpito o un loggiato? E soprattutto ce n’erano altri?
- Formella di corso Umberto I -
Un bassorilievo murato in un’abitazione di corso Umberto I, tra i numeri civici 56 e 58, sembra appartenere a questa serie.
Purtroppo risulta non ben leggibile data la frammentarietà ed il cattivo stato di conservazione: parzialmente coperto, deturpato da cavi elettrici, da fori, dal cemento utilizzato per fissare le staffe di sostegno ai cavi stessi.
L’animale in basso, a margine della rappresentazione, dovrebbe essere un leone mentre nell’intreccio di racemi, con un grappolo d’uva ed una foglia, si collocano altri piccoli soggetti incompleti e, forse, un serpente. Dunque gli stessi elementi presenti nelle altre due lastre.
- Formella di corso Umberto I (scorcio dal basso) -
Permane il mistero di come sia “arrivata” qui, ad oltre 50 metri dalla cattedrale, la formella. Bisogna, comunque, considerare che dopo i terremoti il materiale di risulta dai crolli veniva spesso reimpiegato casualmente, senza distinguere le semplici pietre dai conci scolpiti.
Allora quanti piccoli e grandi tesori si nascondono a Bojano, oltre che nel sottosuolo, inglobati nelle murature o sotto gli intonaci?
Questo caso, un vero affronto, uno sfregio - attuato da una vandala mano per ancorare dei cavi - all’arte, alla storia, alla cultura fa pensare che, forse, sia meglio così... che rimangano nascosti!
Alessandro Cimmino
Con preghiera di citare la fonte in caso di utilizzazione del testo per motivi di studio. Disegni, elaborazioni grafiche e foto, ove non specificato, sono dell'autore.
Articolo pubblicato sul mensile "Il Ponte", a. XXI, n. 10, ottobre 2009, pp. 42-44.