La cripta di Epifanio

 

Il nucleo originario dell’abbazia di San Vincenzo al Volturno (situata ai piedi delle Mainarde, nel territorio di Rocchetta al Volturno, in provincia di Isernia) fu fondato, da tre giovani monaci beneventani, nell’anno 703; all’inizio si sviluppò con la protezione del Ducato longobardo di Benevento (le cui vicende spesso si intrecciarono con quelle di alcune ricche e potenti signorie monastiche), poi la sua ascesa continuò sotto la tutela dell’Impero franco-carolingio.

Diventò un importantissimo centro religioso ed amministrativo dei benedettini, una vera città-monastero sulla sponda sinistra del fiume Volturno: si estendeva per circa sei ettari ed al suo interno ospitava ben nove chiese e numerosi edifici.

- Ricostruzione della città monastica nel IX secolo (a cura della Missione Archeologica) -

Nell’881 venne attaccata, saccheggiata e in gran parte distrutta dai Saraceni, avvenimento che diede inizio alla sua decadenza; altri eventi infausti e un disastroso terremoto nel 1349 contribuirono alla sua definitiva scomparsa.

L’attuale basilica, ricostruita solo dopo la seconda guerra mondiale, fu riconsacrata nel 1965.

- Basilica di San Vincenzo al Volturno e ruderi del Portico dei Pellegrini (XII secolo) -

La storia del monastero, circa quattro secoli, ci è stata tramandata da un codice miniato (Chronicon Vulturnense) attribuito al monaco Giovanni, compilato tra il 1115 e il 1136.

La piccola cripta cruciforme di Epifanio (pressoché a forma di croce greca, con volte a botte e pavimento in terra battuta), per miracolo sopravvissuta alla furia saracena, venne scoperta casualmente nel 1832 da un contadino che stava arando il terreno sovrastante.

Costituisce un autentico scrigno della pittura altomedievale, uno dei pochi esempi in Europa. In Italia, in particolare, restano tracce molto scarse dell’attività figurativa nei secoli IX e X malgrado le fonti coeve ricordino numerose opere oggi, purtroppo, del tutto scomparse. Da quelle superstiti, quasi tutte frammentarie, si può tuttavia desumere che questa arte ebbe larga diffusione e raggiunse spesso alti livelli qualitativi.

San Vincenzo al Volturno si colloca tra gli episodi pittorici più importanti e meglio conservati: affreschi che, seppure dovuti a mani diverse, presentano omogeneità e spunti originali sia nell’iconografia che negli schemi compositivi.

Alcuni studiosi li mettono in relazione con l’esistenza di una scuola di pittura e miniatura a Benevento, fondata da artisti longobardi ma dove operarono anche molti maestri locali e stranieri (altri esempi di pittura beneventana - caratterizzata da disegno sciolto, risalto plastico e colori brillanti - si trovano nella chiesa dei Santi Rufo e Carponio a Capua, nella Grotta di San Michele a Olevano sul Tusciano - provincia di Salerno - e principalmente nella chiesa conventuale benedettina di Santa Sofia a Benevento).

Il ciclo a San Vincenzo, inoltre, appare influenzato sia dal mondo orientale (si può avvicinare a rappresentazioni analoghe presenti in Siria) sia dalla pittura romana e più ancora da quella carolingia, conosciuta sicuramente attraverso le miniature dei codici posseduti dallo stesso monastero e dalla vicina abbazia di Montecassino.

Oggetto di meticolose ricerche, risulta di difficile interpretazione per i diversi significati che vi si celano (per chi vuole approfondire sono stati pubblicati numerosi saggi ed articoli a firma di autori prestigiosi); il tema fondamentale è la Resurrezione dei corpi mediante il sacrificio di Cristo, secondo l’Apocalisse di San Giovanni.

- Martirio di San Lorenzo, affresco nella cripta di Epifanio (IX secolo) -

Le pitture furono eseguite al tempo dell’abate Epifanio (824-42) che vi appare effigiato e che vi fu sepolto; domina la figura di Cristo: nella volta centrale siede su un globo stellato, a guisa di Signore del mondo. Sulle pareti e nelle nicchie si dispiegano immagini di vergini (una processione di sei fanciulle simile al famoso mosaico di Sant’Apollinare Nuovo a Ravenna), angeli, santi e monaci, vicende della vita di Gesù e due scene di martirio, quello di San Lorenzo e quello di Santo Stefano. Nel catino absidale appare la Madonna, assisa sul trono del Cielo, avvolta in un’ampia aureola; la stessa è protagonista di diversi altri episodi tra cui una Annunciazione.

Il programma decorativo, che gli studiosi concordemente riconducono agli scritti del teologo e abate Ambrogio Autperto (771-81), conferisce, quindi, particolare risalto alla Vergine evidenziando l’annunzio, la maternità, l’assunzione.

All’iconografia bizantina (più prossima alle forme provinciali “volgari” che a quelle auliche di Costantinopoli) si collega la forte espressività manifestata dai gesti e dai volti delle figure che vengono collocate su semplici sfondi colorati, cui gli artefici hanno cercato di rendere la profondità dello spazio reale con la progressiva riduzione delle dimensioni di personaggi e oggetti in secondo piano.

- Crocifissione, affresco nella cripta di Epifanio (IX secolo) -

Sovente si toccano toni fortemente drammatici. Nella Crocifissione, la Vergine, con le braccia alzate e completamente ricoperte dal ricco manto, si protende, straziata, verso il figlio (che non indossa più il tradizionale colobium siriaco - tunica priva di maniche - ma un perizoma, un telo avvolto e fermato sui fianchi), mentre San Giovanni si ritrae ed estrinseca, portando una mano sul viso, angoscia, afflizione, turbamento.

- L'abate Epifanio (ritratto nella cripta) -

Ai piedi della croce compare l’abate Epifanio, raffigurato con un’aureola rettangolare (nimbo); essa contraddistingue una persona che, pur essendo ancora in vita, si è adoperata in modo tale da far prevedere la sua beatificazione dopo la morte.

Quanti molisani, tra i tanti che ogni anno visitano le capitali europee, le città d’arte italiane o le aree archeologiche di lontani Paesi, sono stati a San Vincenzo al Volturno? Pochi. E quanti da fuori regione? Non molti, soprattutto docenti e studenti universitari di discipline specifiche come Archeologia e Conservazione dei Beni Culturali. E gli stranieri? Pochissimi; nella classifica - stilata su dati Istat 2006 - delle regioni italiane che più attirano visitatori stranieri in testa si trovano il Lazio (63%, ogni dieci turisti che arrivano a Roma e dintorni sei non sono italiani) e il Veneto (57,7%) mentre il Molise è fanalino di coda, con solo l’8%.

Il lavoro di valorizzazione e promozione di un sito che, per la sua importanza, alcuni hanno definito la “Pompei dell’età di mezzo” è solo agli inizi.

                                                                                                                                                                                           Alessandro Cimmino


Con preghiera di citare la fonte in caso di utilizzazione del testo per motivi di studio. Disegni, elaborazioni grafiche e foto, ove non specificato, sono dell'autore.

Articolo pubblicato sul mensile "Il Ponte", a. XX, n. 11, novembre 2008, pp. 42-43.