IL TORRIONE SCOMPARSO

 

Nell’arte antica, almeno a giudicare dai pochi reperti giunti fino ai nostri giorni, non si aveva l’abitudine di ritrarre il territorio; il paesaggio veniva sempre subordinato alla figura umana, era solo un contesto in cui collocare soggetti religiosi, mitologici, storici oppure un “espediente” che, in forma di edicola, finestra o di grande apertura posta tra ricercati elementi architettonici dipinti, sfondava illusionisticamente una parete.

Nell’arte medioevale un primo esempio di precisa rappresentazione dei luoghi sono gli affreschi - Allegorie ed effetti del Buono e del Cattivo Governo -  che Ambogio Lorenzetti eseguì per la Sala del Consiglio dei Nove nel Palazzo Pubblico di Siena tra il 1337 e il 1340. Si tratta di una suggestiva riproduzione della città di Siena affollata di abitanti, con le mura di cinta, i vicoli, le numerose case-torri e i profili inconfondibili del campanile bicromo e della cupola del duomo.

Non esistono in Molise cicli pittorici di questo tipo a causa delle diverse vicende storiche, politiche e culturali; difatti la veduta di Betlemme, riprodotta negli affreschi della cripta della chiesa di San Pietro in Vincoli a Sant’Angelo in Grotte (frazione del comune di Santa Maria del Molise), è una città di fantasia con le abitazioni tipiche dell’epoca, non riconducibile all’aspetto di alcun centro abitato molisano nel XIII secolo.

Si possono, però, osservare quei brani di territorio che hanno trovato spazio in certe miniature (in una del IX secolo vengono rappresentati, accanto ai santi fondatori dell’Abbazia di San Vincenzo al Volturno, il fiume Volturno e le terre di competenza del monastero), negli atti notarili relativi a possedimenti e donazioni e, soprattutto, nella vasta produzione cartografica legata alla transumanza (mappe dei percorsi tratturali e delle reintegre della Regia Dogana delle pecore di Puglia, planimetrie che vanno dal XV al XIX secolo).

Preziose fonti storico-iconografiche per lo studio di alcuni centri abitati del Molise - Venafro, Isernia, Bojano, Trivento, Termoli, Larino e Guardialfiera - sono, senza dubbio, le incisioni inserite in un’opera di Giovan Battista Pacichelli pubblicata nel 1703: Il Regno di Napoli in prospettiva diviso in 12 Province. Ho già più volte citato ed utilizzato queste vedute prospettiche perché permettono di attingere informazioni sull’aspetto geo-morfologico, sulle cinte murarie difensive, sulla presenza di architetture di rilievo (chiese, vescovati, palazzi nobiliari) e sui fabbricati e sugli spazi ad uso produttivo (mulini, manifatture, piazze per i mercati, campi coltivati, pascoli).

Particolarmente interessante risulta il disegno relativo alla città di Bojano, sede di un’antica diocesi. A causa di un errore dell’incisore, tuttavia, può trarre in inganno per quanto riguarda la posizione e l’orientamento degli edifici monumentali. Infatti, come ho sostenuto e cercato di dimostrare in un mio precedente articolo, va osservato in controparte, va ribaltato: quello che sul foglio si trova a sinistra nella realtà va considerato a destra. Per avere l’effetto giusto lo si deve guardare davanti ad uno specchio proprio nel modo in cui si leggono più agevolmente le pagine scritte dal mancino Leonardo da Vinci.

La stessa veduta, copiata, errore compreso, dall’opera del Pacichelli, con lievi modifiche e ritocchi, si trova in un testo di Cesare Orlandi: Delle Città d’Italia e sue isole adiacenti, compendiose notizie sacre e profane, dato alle stampe nel 1774.

Studiando, dunque, in controparte la prospettiva si possono individuare, ed esattamente collocare, alcuni fabbricati ancora esistenti, come la cattedrale, il palazzo ducale e il palazzo vescovile, altri abbattuti e ricostruiti come il convento dei francescani (attuale palazzo municipale), altri oggi allo stato di rudere come il castello di Civita.

- Veduta allegata all'opera di Cesare Orlandi, 1774 (in controparte) -

Al centro del disegno campeggia un torrione di scolta che, date le dimensioni notevoli e la posizione elevata, doveva sicuramente emergere dal tessuto urbano, soprattutto quando si osservava la città in lontananza; è situato vicino ad un poderoso muro di cinta che protegge la vasta area in cui si colloca il complesso del palazzo ducale (dimora dei feudatari di Bojano che, al principio del XVIII secolo, erano esponenti della nobile famiglia napoletana dei Di Costanzo), addossato ad una grossa porta.

- Il torrione nella veduta inserita nel testo di Giovan Battista Pacichelli pubblicato nel 1703 (in controparte) -

Da una descrizione contenuta in un documento fiscale - ora in Spagna all’Archivo General di Simancas (Valladolid) - fatto redigere nel 1531 dall’imperatore Carlo V apprendiamo che, oltre alla roccaforte sulla montagna di Civita, la città era dotata, a valle, di un «castillo» non ancora terminato, elevato da terra 18 palmi (corrispondenti a 4,752 metri). La torre, in origine, era parte di questa struttura?

Attualmente, comunque, non restano tracce, né del castello (forse poi completato e trasformato nel palazzo ducale) né della torre; di quest’ultima si è perso perfino il ricordo. Data però la precisione con cui nella veduta Pacichelli sono riportati gli altri edifici che sono arrivati fino ai nostri giorni si può formulare un’ipotesi.

Essa doveva innalzarsi al principio di salita Piaggia, una strada aperta fin dall’antichità per inerpicarsi sulle prime balze della montagna di Civita; il nome «Piaggia», con molta probabilità, deriva dal latino medievale plagia (incrocio del termine latino classico plaga, zona, regione, con il greco plágios, obliquo, laterale) utilizzato proprio per indicare un terreno in declivio, un pendio posto tra la pianura e la montagna, una strada scoscesa.

All’imbocco della salita - che fino alla metà degli anni ’60 del Novecento era munita di gradini, poi eliminati per consentire il transito degli autoveicoli - sul lato destro, in un muro di forma vagamente semicircolare accosto a Palazzo Chiovitti, si possono individuare i pochi resti della base della torre.

- Muro di forma semicircolare al principio di salita Piaggia -

L’ubicazione sembra trovare una conferma nel Catasto Onciario (Libro dell’Onciario di tutti i Cittadini abitanti, non abitanti, Forastieri abitanti, non abitanti, Ecclesiastici, Beneficiati, Monasterij, Chiese, e altri luoghi pii di detta Città sistenti anno 1744, manoscritto conservato presso l’Archivio Storico Comunale di Bojano) dove, a pagina 397/t, in corrispondenza della voce Pietro Chiovitto, si legge: «Possiede una Casa nel luogo detto Lo Supportico con 4 casaleni, torretta ed orto...»; la «torretta» citata potrebbe essere un residuo della torre in esame.

Un frammento decorativo, costituito da sei cubetti posti a scacchiera, ciascuno con un piccolo simbolo scolpito (fiore, rombo, quadrato ed altri non ben leggibili), inserito in un edificio recente che si trova proprio di fronte al muro in esame, potrebbe appartenere ad un ornamento situato sul torrione o sulla porta ad esso adiacente.

- Frammento di decorazione collocato in origine sul torrione o sulla porta adiacente -

Notizie sulla presenza di questa porta si trovano in due documenti: un progetto per la realizzazione di un “supportico”, redatto nel 1829, che fa riferimento ad un altro “supportico” già esistente - e quindi ad una porta - al «principio della Piaggia» (Veduta della Porta di Visco nel Largo del Mercato, e della Piazzetta, attraversato dalla Strada Consolare in Bojano, 21 aprile 1829, manoscritto custodito presso l’Archivio di Stato di Campobasso); una delibera del Comune relativa all’anno 1882 che stabilisce la «costruzione di un selciato del Colle dalla porta abbattuta fino a casa Chiovitti» (Registro delle deliberazioni del Comune, manoscritto conservato presso l’Archivio Storico Comunale di Bojano).

Se ne può dedurre che la porta venne demolita nel lasso di tempo compreso tra il 1829, quando era ancora in loco, e il 1882, quando non c’era più.

Quel che rimaneva del torrione, probabilmente, era già stato inglobato nel palazzo costruito dalla famiglia Chiovitti (un altro edificio, più antico, appartenente a membri della stessa famiglia si trova in via Erennio Ponzio) dopo il terremoto del 1805; la solida muratura a scarpa risultava particolarmente idonea a contenere il terreno scosceso del giardino che tendeva a franare. Al principio del Novecento, come ricordano gli attuali proprietari, il muro era in gran parte crollato e fu innalzato di nuovo adoperando, a mio avviso, le stesse pietre che si trovavano ancora sul posto; potrebbe essere questo il motivo per il quale oggi la struttura di base, a differenza di quella superiore, non presenta la forma perfettamente arrotondata.

- Ipotesi di ricostruzione del torrione -

L’incisione inserita nella pubblicazione del Pacichelli (e ripresa dall’Orlandi) è un paesaggio della memoria, è il racconto di un villaggio sonnolento, disposto su tre livelli, stretto tra le mura medievali residue e due corsi d’acqua (Biferno e Tornariccio).

Il breve testo descrittivo precisa, tra l’altro, che «di fabbriche non ha molto del sontuoso». Non viene data nessuna indicazione sulla grande torre; solo pochi tratti grafici ne restituiscono immagine, l’unica sopravvissuta e giunta fino ai nostri giorni prima che diventasse fantasma. Di conseguenza il disegno è importante perché permette di individuare il sito ove si ergeva la costruzione e di conoscerne l’aspetto, forse non sontuoso, ma che, di sicuro, caratterizzava il panorama di Bojano quando i disastri naturali, l’incuria e il modernismo ancora non la spazzavano via...                                                 

                                                                                                                                                                                    Alessandro Cimmino                       


Con preghiera di citare la fonte in caso di utilizzazione del testo per motivi di studio. Disegni, elaborazioni grafiche e foto, ove non specificato, sono dell'autore. Articolo originale (inedito sulla stampa) per il sito web "Associazione Falco" (www.associazionefalco.it), pubblicato in data 21 luglio 2012.