La veduta di Agnone nel quadro di Santa Teodora
Ad Agnone, nella piccola chiesa annessa all’ex-convento di Santa Chiara, si conserva un dipinto molto interessante: il ritratto di Santa Teodora Vergine e Martire, compatrona della città (l’altro patrono, San Cristanziano, viene venerato nella chiesa di San Marco Evangelista).
Il quadro si colloca in un altare di legno dorato, situato sul fianco sinistro dell’unica navata; a seguito dell’analisi delle forme e dello stile proporrei per quest’ultimo una datazione alla seconda metà del XVII secolo. Difatti il dipinto sul libro che sorregge, con la mano destra, la santa riporta questa data: A.D. 1667.
- Altare di Santa Teodora, XVII secolo -
Confrontato con l’altare del Rosario nella chiesa di San Marco, quello di Santa Teodora, incastrato in una nicchia poco profonda, presenta, però, un minore vigore plastico, una decorazione più delicata, di superficie, con agili linee curve e complessi arabeschi (un ricercato gioco di cornucopie, rami, foglie d’acanto e fiori stilizzati), aspetti che anticipano già il gusto rococò.
Del resto molti degli altri elementi decorativi della chiesa di Santa Chiara risalgono al secolo successivo, ad esempio il graticolato in legno (gelosia), finemente intagliato e dorato, dietro il quale le suore di clausura assistevano alle funzioni, la statua di Santa Chiara, realizzata nel 1763 da Paolo di Zinno, l’opera pittorica collocata sul soffitto, realizzata nel 1768 da Domenico Mastrostefano, il portale tardo-settecentesco…
- Quadro di Santa Teodora, datato 1667 -
Il quadro di Santa Teodora è, a mio avviso, opera di un artista di modeste capacità come si evince dalla scarsa conoscenza delle regole prospettiche (vedi gli elementi architettonici, in modo particolare il piedistallo e la base della colonna, posti sul fianco destro) e dalla poca maestria nella resa dei volti e delle mani (queste ultime vero banco di prova per la dimostrazione delle capacità di un pittore). Ha, tuttavia, una grande valenza come documento per la veduta di Agnone posta sullo sfondo, dietro la figura della santa: una sorta di cristallizzazione, paragonabile ad una moderna fotografia, della città, racchiusa ancora nella cerchia di mura di età rinascimentale.
- Particolare del dipinto di Santa Teodora, da cui si evince l'operazione di ridipintura -
La superficie pittorica ha subito gli effetti di un restauro maldestro, in alcuni punti una vera e propria ridipintura, che ha attenuato, ed in parte cancellato molti dettagli, soprattutto, e purtroppo, nella zona in cui si trova la rappresentazione di Agnone. Anche l’abito ed il mantello di Santa Teodora sono stati ritoccati ed ampliati per dare una maggiore corposità ed imponenza alla figura; in questo modo, però, si sono coperti particolari importanti dello sfondo.
Esaminando le foto dettagliate (scattate da Francesco Giaccio, che ringrazio) della veduta di Agnone si possono fare diverse deduzioni e considerazioni interessanti.
- Dipinto di Santa Teodora, veduta della città di Agnone -
Si tratta di una rappresentazione prospettica “a volo d’uccello”, ed in quanto tale non è possibile collocarsi realmente nel punto di vista (molto alto rispetto all’orizzonte) immaginato dal pittore. Questo sistema veniva comunemente utilizzato per rendere visibili e riconoscibili emergenze architettoniche e dettagli altrimenti coperti, ma comportava anche forti aberrazioni prospettiche e qualche arbitrarietà. Le famose incisioni, contenute nel testo di Giovan Battista Pacichelli “Il Regno di Napoli in prospettiva” (per il Molise: Isernia, Bojano, Trivento, Venafro…), pubblicato nel 1703, sono state composte per la maggior parte proprio con questo trattamento prospettico.
Agnone si erge al di sopra di un rilievo curiosamente “bugnato”.
- Particolare della veduta, elaborato graficamente per renderlo più leggibile -
Partendo da sinistra si riconosce subito l’area corrispondente all’attuale belvedere della “Ripa”, protetta solo da un basso muretto di recinzione; qui un cavallo, con le zampe anteriori sollevate, si trova tra due figure umane: una sembra un guerriero con cimiero, l’altra, semicoperta dalla ridipintura, un uomo che, con una fune a forma di cappio tra le mani, tenta di catturare il cavallo. Continuando lungo la costa della collina si trovano un torrione cilindrico ed una serie di abitazioni con finestre e loggette di varie dimensioni (a malapena distinguibili al di sotto delle pennellate di ridipintura), quelle degli attuali largo Marsala e principio di corso Garibaldi. Salendo verso la parte alta, un edificio con facciata a terminazione orizzontale potrebbe essere la chiesa di San Pietro (manca però il campanile) mentre un altro, con una grande apertura circolare (pare un rosone), rappresenterebbe la chiesa di San Francesco; un ulteriore torrione, simile per struttura al già visto in basso, dovrebbe essere quello posto a difesa di Porta Semiurno; in cima un massiccio edificio sembra una roccaforte o, meglio, un vero castello (forse quello sui cui ruderi sarà, poi, costruito Palazzo Tamburri, oggi INA-Casa) nei pressi di largo Carlo Alberto. Altri particolari della parte alta si intravedono al di sotto del mantello di colore rosso (aggiunto al dipinto originario).
Merita anche attenzione, immersa nell’agro, una scenetta “di genere”: la caccia al cervo con due cani, di cui uno ferito.
- Particolare della veduta, elaborato graficamente per renderlo più leggibile -
Passando a destra si può ragionevolmente ipotizzare che la striscia orizzontale di colore marrone che si trova in basso, tra due file di case, corrisponda all’attuale corso Vittorio Emanuele; essa conduce ad una grande porta urbana, Porta Maggiore (anche detta Porta Puglia), protetta da due torrioni cilindrici. La striscia inclinata, dello stesso colore, dovrebbe coincidere con gli attuali largo Sabelli e salita Buonarroti; su di essa si distende una muratura difensiva merlata, con tre torri quadrangolari piuttosto alte (l’ultima corrispondente forse all’attuale campanile della chiesa di Sant’Antonio), preceduta da un fossato, reso con una sottile striscia di colore celestino. In alto si collocano una lunga teoria di case a più piani, riconducibili a quelle di via Cavour, e, al di sotto, un ampio terreno in pendenza, ossia gli orti ed i giardini retrostanti che in gran parte persistono anche adesso. Ancora più in alto, all’estremità, in parte coperta dalla ridipintura del mantello rosso, si staglia un ulteriore torrione cilindrico, i cui ruderi sono arrivati fino ad oggi, inglobati in un edificio posto nei pressi della salita di via San Marco (circonvallazione). Tre sono gli edifici religiosi individuabili: il campanile della chiesa di Sant’Emidio (con una forma pressoché identica a quella di ora, difatti come dimostra la data incisa su una pietra, venne terminato proprio nel 1667), la chiesa di San’Antonio, in parte extramoenia, resa con una aberrazione prospettica per farla riconoscere, e molto più in basso parte della chiesa (o del monastero annesso) di Santa Maria della Maiella, allora in aperta campagna.
La veduta, dunque, ci documenta la situazione urbana di Agnone nella seconda meta del Seicento, nel periodo del Viceregno spagnolo. Ben resa è, in particolare, la struttura della murazione orientale, una parte che ha subito nei secoli successivi la trasformazione più sostanziale, tanto da scomparire del tutto. Un sistema difensivo che si svolgeva ininterrotto, pur nell’accidentalità del terreno, con tre alte torri, due porte agli estremi (una, Porta Sant’Antonio non visibile) ed un fossato. Porta Maggiore, divenuta con l’ampliamento aragonese l’accesso più importante, doveva avere una forma massiccia per la difesa ma anche monumentale (vedi ipotesi di ricostruzione); su di essa era collocato uno scudo in pietra con lo stemma della famiglia d’Aragona, unico elemento superstite del fabbricato, conservato oggi nel Museo Emidiano.
- Ipotesi di ricostruzione dell'aspetto di Porta Maggiore -
L’aspetto ipotizzato per Porta Maggiore si avvicina molto a quello che presentano ancora alcune strutture coeve di altri centri del Regno di Napoli, ad esempio Porta Lecce a Brindisi, Porta Aragonese ad Agropoli, Porta Alfonsina ad Otranto, Porta Catania a Taormina e Porta Nolana nella stessa capitale (anche se in quest’ultimo caso la scala dimensionale e la monumentalità sono senza dubbio diverse).
- Ipotesi di ricostruzione della posizione di Porta Maggiore (su una foto degli anni Cinquanta) -
In conclusione i documenti iconografici sono punti di riferimento particolarmente utili per la ricerca storica; certo occorre valutare la componente personalistica e soggettiva dell’autore (l’anonimo pittore, in questo caso), effettuare un confronto con le fonti scritte, sia bibliografiche che documentarie, ed analizzare i luoghi come si presentano oggi.
La veduta nel quadro di Santa Teodora concorre senz’altro a raccontare la storia di alcuni brani del tessuto urbano e, più in generale, la storia di Agnone.
Alessandro Cimmino
Con preghiera di citare la fonte in caso di utilizzazione del testo per motivi di studio. Foto dell'altare e del dipinto di Santa Teodora di Francesco Giaccio; foto di Corso Vittorio Emanuele negli anni Cinquanta pubblicata su Facebook da Beppe Casciano. Disegni ed elaborazioni grafiche sono dell'autore. Articolo originale (inedito sulla stampa) per il sito web "Associazione Falco" (www.associazionefalco.it), pubblicato in data 22 ottobre 2013.