Una nuova ipotesi di ricostruzione per il castello di civita?

 

Per una ricerca storica condotta con rigoroso metodo scientifico sono, ovviamente, indispensabili le fonti, di qualunque tipo esse siano: documenti d’archivio, iscrizioni, repertori, manoscritti, testimonianze orali, incunaboli, stampe, toponomastica, ecc.; solo così si perviene ad una narrazione sistematica dei fatti e alla loro interpretazione critica.

Nel caso di indagini dedite alla ricostruzione di città, strutture, monumenti ed edifici antichi, del tutto scomparsi o allo stato di rudere, decisamente importanti sono le descrizioni di coloro che hanno potuto osservarli nella loro integrità e completezza; quanto più esse si riveleranno precise e minuziose tanto più sarà possibile farsi un’idea. Tuttavia neppure la più eccelsa di queste ci restituirà la realtà meglio di una fonte iconografica (figurata).

Preziose fonti iconografiche per lo studio di diversi centri abitati del Molise - Venafro, Isernia, Bojano, Trivento, Termoli, Larino e Guardialfiera - sono, senza dubbio, le vedute prospettiche inserite in un’opera di Giovan Battista Pacichelli, pubblicata nel 1703: Il Regno di Napoli in prospettiva diviso in 12 Province. Queste incisioni (in gran parte realizzate, su schizzi dell’autore o di altri, da Francesco Cassiano De Silva) costituiscono dei punti di riferimento utilissimi per l’analisi storica, permettono di attingere informazioni sull’aspetto geo-morfologico, sulle cinte murarie difensive, sulla presenza di architetture di rilievo (chiese, vescovati, palazzi nobiliari) e sui fabbricati e sugli spazi ad uso produttivo (mulini, manifatture, piazze per i mercati, campi coltivati, pascoli).

Particolarmente interessante risulta il disegno relativo a Bojano. Consente di poter rilevare l’assetto urbanistico alla fine del XVII secolo, un assetto in cui è ancora ben leggibile l’organizzazione della città in epoca medievale: due agglomerati muniti di cinta muraria – la città bassa e il borgo di Civita Superiore con il castello - collegati  da una rete di vie che si snodavano lungo il ripido pendio della montagna.

Tuttavia, a causa di un errore dell’incisore, che non ha scalfito al contrario la matrice, può trarre in inganno per quanto riguarda la posizione e l’orientamento degli edifici monumentali. Infatti, come ho sostenuto e cercato di dimostrare in alcune mie precedenti pubblicazioni, va osservato in controparte, va ribaltato: quello che sul foglio si trova a sinistra nella realtà va considerato a destra. Per avere l’effetto giusto lo si deve guardare davanti ad uno specchio proprio nel modo in cui si leggono più agevolmente le pagine scritte dal mancino Leonardo da Vinci.

La stessa veduta, copiata, errore compreso, dall’opera del Pacichelli, con lievi modifiche e ritocchi, si trova in un testo di Cesare Orlandi: Delle Città d’Italia e sue isole adiacenti, compendiose notizie sacre e profane, dato alle stampe nel 1774.

- Veduta allegata all'opera di Cesare Orlandi, 1774 (in controparte) -

Studiando, dunque, in controparte la prospettiva si possono individuare, ed esattamente collocare, alcuni fabbricati ancora esistenti, come la cattedrale, il palazzo ducale e il palazzo vescovile, altri abbattuti e ricostruiti come il convento dei francescani (attuale palazzo municipale), altri oggi allo stato di rudere come la roccaforte di Civita.

I resti di quest’ultima fino agli inizi del Novecento erano ancora abbastanza consistenti; purtroppo il completo abbandono, la posizione molto esposta ai venti e alle altre intemperie ne hanno accelerato il deterioramento. Le indagini archeologiche hanno palesato, grazie all'analisi dei materiali venuti alla luce, che fu utilizzata maggiormente tra il XII e la prima metà del XV secolo.

In posizione elevata rispetto al borgo, il castello di Civita (lungo circa 120 metri, largo 30) possiede tratti originali se confrontato con gli altri fabbricati difensivi medioevali del Molise, caratterizzati da distribuzioni volumetriche decisamente più compatte.

- Castello di Civita (ipotesi di ricostruzione di Oreste Muccilli, plastico di Nicola Patullo) -

L’edificio si articolava - secondo la ricostruzione proposta da Oreste Muccilli - in due blocchi divisi da un fossato, ottenuto scavando la roccia, alla cui estremità era collocato anche l’ingresso principale all’intero complesso. La prima zona (ricetto) è rivolta verso l’abitato ed era destinata ad accogliere e proteggere la popolazione nelle situazioni di pericolo. Essa si presenta, attualmente, come un ampio spazio a pianta rettangolare, circondato da possenti mura sulle quali, in alcuni tratti, è possibile distinguere ancora i percorsi di ronda.

Il collegamento con la seconda zona, separata dal fossato, avveniva attraverso un ponte levatoio. In questo blocco erano contenuti: il mastio (o maschio) con l’armeria e la dimora del conte - parzialmente individuabile nel corpo centrale più elevato -, la cosiddetta corte alta e una torre circolare.

Dalle strutture rinvenute nella corte alta, si evince che era destinata ad ospitare le famiglie degli addetti alla custodia, i fabbricati di servizio (alloggi, magazzini, cucine e stalle) e, con molta probabilità, anche una piccola cappella. Le principali attività quotidiane degli abitatori dovevano, dunque, svolgersi qui, in un’area scoperta, chiusa da una solida muratura.

Un documento del XIX secolo, segnalatomi da Alessio Papa, conservato presso l’Archivio di Stato di Campobasso (Carteggio camposanto di Bojano, 1837-1861, manoscritto, fondo “Intendenza di Molise”, busta 243, fascicolo 11) potrebbe consentire di integrare la ricostruzione di Muccilli.

- Rilievo effettuato dall'architetto Giacomo Torti, datato marzo 1852 -

Si tratta di un progetto redatto dall’architetto Giacomo Torti, originario di Piedimonte Matese ma residente a Bojano, per la realizzazione di un cimitero nel borgo di Civita. Le autorità comunali, su sollecitazione degli abitanti, avevano chiesto all’Intendente di Molise l’autorizzazione a ricavare uno spazio apposito per tale uso tra i ruderi del «cosiddetto castello». Il tecnico, dopo aver eseguito un sopralluogo ed un preciso rilievo, espone delle perplessità (le dimensioni ridotte del recinto destinato alle sepolture e la scarsa profondità raggiungibile per la presenza della dura roccia) e propone un altro sito, a suo parere più adeguato per l’inumazione dei defunti: un’antica cappella posta ai margini dell’abitato, già utilizzata come «ossario».

- Pianta del castello di Civita (particolare del documento) -

I disegni eseguiti dal Torti: una «Pianta geometrica del Villaggio di Civita Superiore e suo vicino Castello», uno «Spaccato della montagna su cui poggia Civita, ed il Castello per la linea AB» (ovvero una sezione longitudinale), un altro «Simile spaccato per la linea CD» (una sezione trasversale), tutti datati «a Marzo 1852», sono veramente interessanti.

- Sezione longitudinale, in basso, e sezione trasversale, in alto, del castello di Civita (particolare del documento) -

In particolare i ruderi del maniero risultano molto più consistenti rispetto ai pochi brandelli di muri giunti fino ai nostri giorni sia per quanto riguarda lo sviluppo planimetrico (occupano un’area parecchio più estesa) sia per quanto riguarda gli elevati (si distinguono alcune piccole torri semicircolari e diversi avancorpi quadrangolari).

La scala in «Palmi Napolitani» (1 palmo = mt. 0,264) ci rivela che, mentre la larghezza coincide pressappoco con quella attuale, la lunghezza risulta di molto superiore: circa 280 metri invece di 120. Difatti sovrapponendo la pianta ottocentesca ad una ortofoto del luogo (foto satellitare) appare evidente che oggi sono del tutto scomparsi due estesi corpi di fabbrica, quelli posti agli estremi e realizzati su piccoli terrazzamenti nelle parti più basse del declivio.

- Confronto tra la pianta ottocentesca ed una ortofoto dei ruderi del castello -

La forma del castello riportata nella veduta Pacichelli è sempre stata considerata dagli studiosi solo indicativa (si voleva attestare la presenza di una massiccia roccaforte sulla montagna che sovrasta l’abitato di Bojano) e, dunque, fantasiosa. Confrontandola, però, con il rilievo eseguito dall’architetto Torti, quindi da un professionista con metodo scientifico, risulta forse attendibile.

Anche sullo sfondo di un quadro secentesco, il ritratto del vescovo Antonio Graziani, conservato nella sagrestia dell’antica cattedrale di Bojano, si distingue, seppure a fatica, la figura del castello di Civita; difatti, nonostante delle piccole lacune sulla superficie pittorica e la resa degli elementi con larghe e veloci pennellate, è possibile individuare una struttura composta da più blocchi sopraelevati.

L’attuale completa mancanza delle costruzioni situate alle estremità - orientale ed occidentale - del perimetro murario ha portato all’ipotesi di distribuzione spaziale unanimemente condivisa: un solo grosso elemento verticale mediano posto tra due elementi orizzontali (aree scoperte destinate a svariati ambienti di ricovero e di servizio).

Ma la nuova, preziosa fonte iconografica in esame (ritenuta, tuttavia, da Oreste Muccilli, uno studioso che si può considerare il massimo esperto sull’argomento, del tutto inaffidabile per la mancanza di riscontri a livello archeologico) permette di formulare una teoria diversa, più aderente all’edificio che appare nella veduta allegata all’opera del Pacichelli e anche nel dipinto della cattedrale: tre corpi di fabbrica elevati e di dimensioni differenti, in sostanza tre possenti torrioni a pianta quadrangolare, intervallati da due ampi cortili. Un edificio molto più grande, articolato e complesso di quanto finora si sia creduto.

- Nuova ipotesi di ricostruzione per il castello di Civita -

Giacomo Torti ci ha riconsegnato un’epoca, disegnando qualcosa di cui si stava definitivamente per perdere traccia; i suoi grafici hanno fermato il tempo, hanno fissato un luogo che ben presto sarebbe diventato fantasma, travolto dagli eventi infausti - naturali e storici -, dall’incuria e dalla “modernità”.

Non si tratta di cosa da poco poiché il castello oggi sparito è stato per secoli, con la sua imponenza, un monumento identificativo, probabilmente il simbolo stesso della città di Bojano.

                                                                                                                                                                                    Alessandro Cimmino                       


Con preghiera di citare la fonte in caso di utilizzazione del testo per motivi di studio. Disegni, elaborazioni grafiche e foto, ove non specificato, sono dell'autore. Articolo originale (inedito sulla stampa) per il sito web "Associazione Falco" (www.associazionefalco.it), pubblicato in data 15 dicembre 2010.